D come "domani": dopo l'amarezza, a Rimini è già futuro
CalcioPro, sulla carta, il club romagnolo lo sarà sino al prossimo 30 giugno, ma la nuova società di De Meis non ha perso un attimo dopo la retrocessione: "Ripartiamo dalla D non per fare un campionato di vertice, ma per vincerlo"
di Lorenzo Longhi
Pro, sulla carta, il Rimini lo sarà sino al prossimo 30 giugno, giorno in cui si chiuderà burocraticamente la stagione di (dis)grazia 2013-2014. Poi non più: una retrocessione diretta amara, forse incredibile ma meritata, cambierà uno scenario che, dal primo luglio, vedrà la squadra romagnola ripartire dalla D "non per fare un campionato di vertice, ma per vincerlo", nelle parole del presidente Fabrizio De Meis. Il quale, lo scorso febbraio, ha salvato il Rimini da un non futuro, ma si è trovato a fare i conti con una realtà sufficientemente compromessa. Poi tutto ciò che poteva andare male, in effetti, è andato male. Destino segnato.
Retrocessione, dunque. De Meis si è già rimboccato le maniche, per lui e i suoi uomini è già domani: "In D sappiamo di avere un solo colpo. O si fa centro o il colpo va a vuoto", dice, lui che nella sua storia imprenditoriale - è il patron del Cocoricò - qualche centro l'ha fatto, e che la retrocessione l'ha vissuta malissimo. "Il Rimini è retrocesso in D nel peggiore dei modi. Io mi sento responsabile come tutti. Condanno chi voglia scaricare sugli altri le responsabilità", nelle sue parole. Anche per questo il tifo e la città sono dalla sua parte, che poi è la parte del Rimini, e lo dimostrano le oltre 500 persone che, domenica scorsa, si sono presentate allo stadio per tifare gli Allievi Nazionali impegnati nei play off.
Del resto voltarsi indietro, oggi, è un esercizio amaro. Cinque anni fa il Rimini era in B e, la stagione successiva, il Verona decretò non solo la sconfitta del club ai play off per riconquistarla, la B, ma di fatto agevolò anche il successivo fallimento. Poche gioie, insomma, in tempi recenti, ma forse per risalire è inevitabile partire dal basso. Perché la realtà parla chiaro: si chiama Serie D, ma "d" è anche l'iniziale di "domani".
Pro, sulla carta, il Rimini lo sarà sino al prossimo 30 giugno, giorno in cui si chiuderà burocraticamente la stagione di (dis)grazia 2013-2014. Poi non più: una retrocessione diretta amara, forse incredibile ma meritata, cambierà uno scenario che, dal primo luglio, vedrà la squadra romagnola ripartire dalla D "non per fare un campionato di vertice, ma per vincerlo", nelle parole del presidente Fabrizio De Meis. Il quale, lo scorso febbraio, ha salvato il Rimini da un non futuro, ma si è trovato a fare i conti con una realtà sufficientemente compromessa. Poi tutto ciò che poteva andare male, in effetti, è andato male. Destino segnato.
Retrocessione, dunque. De Meis si è già rimboccato le maniche, per lui e i suoi uomini è già domani: "In D sappiamo di avere un solo colpo. O si fa centro o il colpo va a vuoto", dice, lui che nella sua storia imprenditoriale - è il patron del Cocoricò - qualche centro l'ha fatto, e che la retrocessione l'ha vissuta malissimo. "Il Rimini è retrocesso in D nel peggiore dei modi. Io mi sento responsabile come tutti. Condanno chi voglia scaricare sugli altri le responsabilità", nelle sue parole. Anche per questo il tifo e la città sono dalla sua parte, che poi è la parte del Rimini, e lo dimostrano le oltre 500 persone che, domenica scorsa, si sono presentate allo stadio per tifare gli Allievi Nazionali impegnati nei play off.
Del resto voltarsi indietro, oggi, è un esercizio amaro. Cinque anni fa il Rimini era in B e, la stagione successiva, il Verona decretò non solo la sconfitta del club ai play off per riconquistarla, la B, ma di fatto agevolò anche il successivo fallimento. Poche gioie, insomma, in tempi recenti, ma forse per risalire è inevitabile partire dal basso. Perché la realtà parla chiaro: si chiama Serie D, ma "d" è anche l'iniziale di "domani".