Tutto Diavolo e dialogo, lo stile dell'Inzaghi allenatore
CalcioUn rapporto freddo con l'irascibile Lippi, quello eccellente con Ancelotti che riusciva a fargli digerire pure le panchine, l'insofferenza verso Allegri: Pippo ha sempre preferito i tecnici dialoganti a quelli testardi. Ecco cosa deve attendersi il Milan
di Lorenzo Longhi
Due anni fa, era il 13 maggio 2012, Filippo Inzaghi era seduto sulla panchina del Milan nell'ultimo giorno della sua carriera. Una panchina che, quel giorno, non digerì. Poi nel secondo tempo si alzò, entrò, segnò, vinse e salutò la compagnia. Ora, su quella panchina, il suo sogno è quello di restare seduto a lungo, perché SuperPippo è in pectore l'allenatore del Milan 2014-2015, promosso dopo le due stagioni alla guida di Allievi Nazionali e Primavera. Ma che allenatore sarà il debuttante Inzaghi, che approccio avrà con i suoi calciatori in una delle piazze più ambite della Serie A?
I primi maestri. Gli indizi lasciano pensare ad un tecnico alla Montella o alla Leonardo, più che alla Conte (e di certo non alla Allegri), per fare un confronto con colleghi della sua generazione. Questo perché, in carriera, SuperPippo ha sempre sofferto spigoli e testardaggine. E, per quanto si sia trovato bene con il sergente Cagni ai tempi di Piacenza, ha reso al meglio con tecnici dalla grintosa umanità quali Mondonico e Mutti, che lo hanno allenato in squadre battagliere, dove si lottava per il pane e non per il caviale. Una gavetta che gli manca, ma in fondo le condizioni che affronterà saranno diverse, e questa verginità ai bassifondi della classifica potrebbe non essere un problema.
I grandi club. Già, perché al Milan sarà chiamato a governare un gruppo forse non più di primissimo piano, ma formato da giocatori ai quali bisognerà chiedere comunque di tornare a vincere, e Inzaghi dovrà scegliere uno degli approcci sperimentati, come calciatore, fra Juve e Milan, con Lippi e Ancelotti. Trionfali entrambi, ma irriducibili: con il primo, irascibile e pressante, il rapporto non fu mai idilliaco, mentre Ancelotti riuscì anche a fargli sopportare esclusioni eccellenti, vedi Istanbul 2005. Meglio il dialogo delle piazzate, meglio una cruda spiegazione che l'indifferenza.
Amici mai. Proprio la mancanza di dialogo è ciò che Inzaghi rimproverò a Donadoni, reo nel 2008 di non averlo convocato per l'Europeo: "Pensavo avessimo un rapporto schietto, non meritavo il silenzio, mi ha deluso sul piano umano", disse. Ma è con l'ombroso Allegri che Inzaghi non ha mai legato, in un vortice di malcelata intolleranza reciproca sfociato nella rissa verbale del settembre 2012, quando Inzaghi - ormai ex calciatore - era stato da poco nominato tecnico del vivaio rossonero e Allegri percepiva il suo fiato sul collo. Una patinata riconciliazione non bastò, nonostante le veline ufficiali, a ricucire un rapporto mai nato. Anche per questo i tifosi rossoneri potranno essere certi, con Inzaghi, di non tornare indietro.
Due anni fa, era il 13 maggio 2012, Filippo Inzaghi era seduto sulla panchina del Milan nell'ultimo giorno della sua carriera. Una panchina che, quel giorno, non digerì. Poi nel secondo tempo si alzò, entrò, segnò, vinse e salutò la compagnia. Ora, su quella panchina, il suo sogno è quello di restare seduto a lungo, perché SuperPippo è in pectore l'allenatore del Milan 2014-2015, promosso dopo le due stagioni alla guida di Allievi Nazionali e Primavera. Ma che allenatore sarà il debuttante Inzaghi, che approccio avrà con i suoi calciatori in una delle piazze più ambite della Serie A?
I primi maestri. Gli indizi lasciano pensare ad un tecnico alla Montella o alla Leonardo, più che alla Conte (e di certo non alla Allegri), per fare un confronto con colleghi della sua generazione. Questo perché, in carriera, SuperPippo ha sempre sofferto spigoli e testardaggine. E, per quanto si sia trovato bene con il sergente Cagni ai tempi di Piacenza, ha reso al meglio con tecnici dalla grintosa umanità quali Mondonico e Mutti, che lo hanno allenato in squadre battagliere, dove si lottava per il pane e non per il caviale. Una gavetta che gli manca, ma in fondo le condizioni che affronterà saranno diverse, e questa verginità ai bassifondi della classifica potrebbe non essere un problema.
I grandi club. Già, perché al Milan sarà chiamato a governare un gruppo forse non più di primissimo piano, ma formato da giocatori ai quali bisognerà chiedere comunque di tornare a vincere, e Inzaghi dovrà scegliere uno degli approcci sperimentati, come calciatore, fra Juve e Milan, con Lippi e Ancelotti. Trionfali entrambi, ma irriducibili: con il primo, irascibile e pressante, il rapporto non fu mai idilliaco, mentre Ancelotti riuscì anche a fargli sopportare esclusioni eccellenti, vedi Istanbul 2005. Meglio il dialogo delle piazzate, meglio una cruda spiegazione che l'indifferenza.
Amici mai. Proprio la mancanza di dialogo è ciò che Inzaghi rimproverò a Donadoni, reo nel 2008 di non averlo convocato per l'Europeo: "Pensavo avessimo un rapporto schietto, non meritavo il silenzio, mi ha deluso sul piano umano", disse. Ma è con l'ombroso Allegri che Inzaghi non ha mai legato, in un vortice di malcelata intolleranza reciproca sfociato nella rissa verbale del settembre 2012, quando Inzaghi - ormai ex calciatore - era stato da poco nominato tecnico del vivaio rossonero e Allegri percepiva il suo fiato sul collo. Una patinata riconciliazione non bastò, nonostante le veline ufficiali, a ricucire un rapporto mai nato. Anche per questo i tifosi rossoneri potranno essere certi, con Inzaghi, di non tornare indietro.