Dall'amore al grande freddo: Seedorf, l'ultimo dei ripudiati
CalcioIl Milan lo ha scaricato senza i rituali (e un po' fasulli) ringraziamenti e auguri per il futuro. Ma non è la prima volta che volano gli stracci quando un allenatore e una grande si separano. Basti pensare a Lippi, Capello, Gasperini e Petkovic
di Lorenzo Longhi
Non c'è un ringraziamento, non c'è un augurio per il futuro, c'è invece la presenza di una parola, "esonerato", che in genere gli uffici stampa tendono ad edulcorare con un meno diretto "sollevato dall'incarico": nello scarno comunicato che, lunedì, ha sancito la separazione tra il Milan e Clarence Seedorf e annunciato l'arrivo di Inzaghi, c'è tutta la distanza che oggi separa il club rossonero da uno dei suoi ex campioni più amati.
Dritto per dritto. Quando esonerano un allenatore, le società usano addolcire la pillola. Frasi come "ringrazia per il lavoro svolto", "augura i migliori successi professionali" o "con grande rammarico" fanno parte di un bon ton in verità piuttosto fasullo e stucchevole, ma universalmente accettato. Il comunicato del Milan fa eccezione, arriva dritto al punto e lo fa lasciando intuire che no, in fondo la storia è finita troppo male per fingere che tutto sia come prima. E se, nel caso dell'addio ad Allegri, almeno a livello comunicativo vennero salvate le apparenze, questa volta la sensazione che rimane è quella del ripudio.
I ripudiati. Seedorf non è il primo a lasciarsi male con una grande, ma il suo caso fa specie, se non altro per il passato che lega l'olandese al Milan. Nell'ottobre 2000, finì ancor peggio il rapporto fra l'Inter e Lippi, che si sfogò in una conferenza stampa ("fossi nel presidente caccerei l'allenatore, attaccherei i giocatori al muro e li prenderei tutti a calci nel c...") e si guadagnò un esonero in cui il club, almeno, ne riconobbe "l'assoluto impegno professionale profuso finora", frase che undici anni dopo, venne sostanzialmente ripetuta a Giampiero Gasperini, con l'aggiunta del "rammarico", anche se poi nei mesi successivi Moratti, con un calcio all'autocritica, diede al tecnico tutte le colpe del caso. Più recentemente, è stato l'idillio laziale fra Lotito e Petkovic a chiudersi nel peggiore dei modi, addirittura in tribunale, mentre il "tradimento" di Capello, che dalla Roma - che con lui vinse l'ultimo scidetto della sua storia - passò alla Juventus ("a me non interessa andare lì, sono scelte di vita", aveva detto), nella Capitale è ancora una ferita aperta, nonostante siano passati 10 anni.
Il capostipite. Nulla al confronto di Bela Guttmann che, in fondo, fu il capostipite degli allenatori ripudiati. La sua storia, e quella della maledizione europea sul Benfica, sono note: tutto nacque da una questione economica che sancì il deterioramento dei rapporti tra l'ungherese e il club. Il resto è mito.
Non c'è un ringraziamento, non c'è un augurio per il futuro, c'è invece la presenza di una parola, "esonerato", che in genere gli uffici stampa tendono ad edulcorare con un meno diretto "sollevato dall'incarico": nello scarno comunicato che, lunedì, ha sancito la separazione tra il Milan e Clarence Seedorf e annunciato l'arrivo di Inzaghi, c'è tutta la distanza che oggi separa il club rossonero da uno dei suoi ex campioni più amati.
Dritto per dritto. Quando esonerano un allenatore, le società usano addolcire la pillola. Frasi come "ringrazia per il lavoro svolto", "augura i migliori successi professionali" o "con grande rammarico" fanno parte di un bon ton in verità piuttosto fasullo e stucchevole, ma universalmente accettato. Il comunicato del Milan fa eccezione, arriva dritto al punto e lo fa lasciando intuire che no, in fondo la storia è finita troppo male per fingere che tutto sia come prima. E se, nel caso dell'addio ad Allegri, almeno a livello comunicativo vennero salvate le apparenze, questa volta la sensazione che rimane è quella del ripudio.
I ripudiati. Seedorf non è il primo a lasciarsi male con una grande, ma il suo caso fa specie, se non altro per il passato che lega l'olandese al Milan. Nell'ottobre 2000, finì ancor peggio il rapporto fra l'Inter e Lippi, che si sfogò in una conferenza stampa ("fossi nel presidente caccerei l'allenatore, attaccherei i giocatori al muro e li prenderei tutti a calci nel c...") e si guadagnò un esonero in cui il club, almeno, ne riconobbe "l'assoluto impegno professionale profuso finora", frase che undici anni dopo, venne sostanzialmente ripetuta a Giampiero Gasperini, con l'aggiunta del "rammarico", anche se poi nei mesi successivi Moratti, con un calcio all'autocritica, diede al tecnico tutte le colpe del caso. Più recentemente, è stato l'idillio laziale fra Lotito e Petkovic a chiudersi nel peggiore dei modi, addirittura in tribunale, mentre il "tradimento" di Capello, che dalla Roma - che con lui vinse l'ultimo scidetto della sua storia - passò alla Juventus ("a me non interessa andare lì, sono scelte di vita", aveva detto), nella Capitale è ancora una ferita aperta, nonostante siano passati 10 anni.
Il capostipite. Nulla al confronto di Bela Guttmann che, in fondo, fu il capostipite degli allenatori ripudiati. La sua storia, e quella della maledizione europea sul Benfica, sono note: tutto nacque da una questione economica che sancì il deterioramento dei rapporti tra l'ungherese e il club. Il resto è mito.