Kamara ieri, oggi e domani: "In Lega Pro come in Premier"
CalcioL'INTERVISTA. Tornato in Italia in quel Catanzaro che lo lanciò 15 anni fa, Joe scommette sul futuro: "Non è una questione di categoria, ma di traguardi. Qui sono un punto di riferimento". E al suo debutto lo stadio è esploso...
di Lorenzo Longhi
Ieri, oggi, domani. Di Diomansy Kamara e del suo ritorno a Catanzaro dopo 13 anni si è detto e scritto ormai tutto perché una storia come la sua fa audience. E se è vero che, un anno fa, anche Fabrizio Miccoli ha lasciato la A per la Lega Pro ed aiutare il "suo" Lecce, essendo lui leccese d'origine, è altrettanto vero che Joe non è calabrese, ma parigino, e in questo il suo percorso è ancora più incredibile. E, in fondo, il suo ritorno è il miglior spot possibile per l'intera Lega Pro. Basti pensare a quanto accaduto sabato, nella gara contro la Juve Stabia: Kamara, che ancora non aveva recuperato da una lieve distorsione subita in allenamento, ha iniziato in panchina, entrando in campo al minuto 70. Erano le 17.25, il boato dello stadio è stato superiore a quello dei gol. Joe è rimasto in campo 11 minuti, ed è stato sommerso dagli applausi anche all'uscita. I giallorossi hanno vinto 2-0 e ritrovato il loro idolo.
Lega Pro e Premier. "Per me non è una questione di categoria - racconta - il calcio è sempre calcio e io non sono venuto qui per godermi l'affetto della piazza. Sono qui per diventare una figura di riferimento per il Catanzaro: chiuderò la carriera con questa maglia, poi resterò come dirigente. E' la sfida più grande della mia vita". Non male per uno che conta oltre 100 presenze in Premier, una parentesi nel Celtic, tre stagioni nella Super Lig turca e una cinquantina di presenze con la nazionale del Senegal.
Gazzella. Uno che ha affrontato Baggio ("un fuoriclasse, il più forte contro cui abbia mai giocato. Di quelli così non ce ne sono più") restandone estasiato, uno che fra gli amici più cari cita volentieri l'ex Chelsea Demba Ba ("sono di parte, parlando di lui, ma credo sia stato il mio compagno di squadra più talentuoso") e che, 12 anni fa, si rivelò al grande pubblico italiano in una sera all'Olimpico. Era il 22 settembre 2002, Kamara esordì in A proprio quel giorno e, a 12' dal termine di una sfida che si trascinava sull'1-1, s'impadronì di una palla a centrocampo, partì rapido, alzò lo sguardo e capì. Taglio ficcante, assist a Sculli: Capello si arrese a quella giocata, Roma-Modena 1-2. Iniziarono a chiamarlo la gazzella d'Africa.
Differenza. Le lingue - perché ne parla diverse, e bene - gli serviranno a lungo, perché il suo contratto a Catanzaro racconta di due anni in campo più altri due da dirigente. "Avessi pensato solo ai soldi, avrei avuto anche altre alternative. Ma qui c'è un obiettivo che altrove non avrei avuto: guidare in campo verso la promozione il club che mi ha lanciato, quindi tentare di portarlo più in alto possibile anche dopo. Fa tutto parte di un progetto. Non sono qui a svernare: sto benissimo, avrei potuto giocare anche in altri campionati importanti ma qui so di avere un ruolo. Voglio vincere come calciatore, visto che non ci riuscii 13 anni fa. E qui so che potrò fare la differenza anche dopo. E' la mia scelta: mi sento un giocatore, ma anche qualcosa in più".
Leader. Del Catanzaro, e più in generale di un girone C estremamente competitivo, lui è un punto di riferimento. Basterebbe dare un'occhiata al video della sua presentazione per capirne l'immagine proiettata sul club giallorosso. Un'arringa, più che una conferenza stampa, leader consapevole di essere investito del ruolo. Anzi: più ruoli. "Un giorno mi piacerebbe riuscire a scovare per il Catanzaro ragazzi stranieri giovani e di grande qualità, far capire loro cosa questo club rappresenta e cosa ha rappresentato per me. E' un mio traguardo, ma ci sarà tempo. Ora sono qui per giocare. Chiuderò qui la mia carriera agonistica, ma quello che vedrete non sarà un giocatore a fine carriera".
Ieri, oggi, domani. Di Diomansy Kamara e del suo ritorno a Catanzaro dopo 13 anni si è detto e scritto ormai tutto perché una storia come la sua fa audience. E se è vero che, un anno fa, anche Fabrizio Miccoli ha lasciato la A per la Lega Pro ed aiutare il "suo" Lecce, essendo lui leccese d'origine, è altrettanto vero che Joe non è calabrese, ma parigino, e in questo il suo percorso è ancora più incredibile. E, in fondo, il suo ritorno è il miglior spot possibile per l'intera Lega Pro. Basti pensare a quanto accaduto sabato, nella gara contro la Juve Stabia: Kamara, che ancora non aveva recuperato da una lieve distorsione subita in allenamento, ha iniziato in panchina, entrando in campo al minuto 70. Erano le 17.25, il boato dello stadio è stato superiore a quello dei gol. Joe è rimasto in campo 11 minuti, ed è stato sommerso dagli applausi anche all'uscita. I giallorossi hanno vinto 2-0 e ritrovato il loro idolo.
Lega Pro e Premier. "Per me non è una questione di categoria - racconta - il calcio è sempre calcio e io non sono venuto qui per godermi l'affetto della piazza. Sono qui per diventare una figura di riferimento per il Catanzaro: chiuderò la carriera con questa maglia, poi resterò come dirigente. E' la sfida più grande della mia vita". Non male per uno che conta oltre 100 presenze in Premier, una parentesi nel Celtic, tre stagioni nella Super Lig turca e una cinquantina di presenze con la nazionale del Senegal.
Gazzella. Uno che ha affrontato Baggio ("un fuoriclasse, il più forte contro cui abbia mai giocato. Di quelli così non ce ne sono più") restandone estasiato, uno che fra gli amici più cari cita volentieri l'ex Chelsea Demba Ba ("sono di parte, parlando di lui, ma credo sia stato il mio compagno di squadra più talentuoso") e che, 12 anni fa, si rivelò al grande pubblico italiano in una sera all'Olimpico. Era il 22 settembre 2002, Kamara esordì in A proprio quel giorno e, a 12' dal termine di una sfida che si trascinava sull'1-1, s'impadronì di una palla a centrocampo, partì rapido, alzò lo sguardo e capì. Taglio ficcante, assist a Sculli: Capello si arrese a quella giocata, Roma-Modena 1-2. Iniziarono a chiamarlo la gazzella d'Africa.
Destino. A sentirlo parlare, sembra non se ne sia mai andato, complice un italiano fluene e pressoché perfetto: "Ho continuato a parlare in italiano, nel corso degli anni, con i tanti amici che ho sempre mantenuto qui e i tanti che mi venivano a vedere giocare anche in Inghilterra. E' una lingua mi è sempre piaciuta, è romantica, l'ho sempre voluta parlare e migliorare". Perché lui, ragazzo religioso e personaggio sui generis, probabilmente ha sempre pensato che in Italia, un giorno, sarebbe tornato.
Differenza. Le lingue - perché ne parla diverse, e bene - gli serviranno a lungo, perché il suo contratto a Catanzaro racconta di due anni in campo più altri due da dirigente. "Avessi pensato solo ai soldi, avrei avuto anche altre alternative. Ma qui c'è un obiettivo che altrove non avrei avuto: guidare in campo verso la promozione il club che mi ha lanciato, quindi tentare di portarlo più in alto possibile anche dopo. Fa tutto parte di un progetto. Non sono qui a svernare: sto benissimo, avrei potuto giocare anche in altri campionati importanti ma qui so di avere un ruolo. Voglio vincere come calciatore, visto che non ci riuscii 13 anni fa. E qui so che potrò fare la differenza anche dopo. E' la mia scelta: mi sento un giocatore, ma anche qualcosa in più".
Leader. Del Catanzaro, e più in generale di un girone C estremamente competitivo, lui è un punto di riferimento. Basterebbe dare un'occhiata al video della sua presentazione per capirne l'immagine proiettata sul club giallorosso. Un'arringa, più che una conferenza stampa, leader consapevole di essere investito del ruolo. Anzi: più ruoli. "Un giorno mi piacerebbe riuscire a scovare per il Catanzaro ragazzi stranieri giovani e di grande qualità, far capire loro cosa questo club rappresenta e cosa ha rappresentato per me. E' un mio traguardo, ma ci sarà tempo. Ora sono qui per giocare. Chiuderò qui la mia carriera agonistica, ma quello che vedrete non sarà un giocatore a fine carriera".