Difesa a 4 e trequartista: come giocherà l'Inter del Mancio

Calcio

Vanni Spinella

Roberto Mancini dà istruzioni a Dejan Stankovic: nella sua ultima Inter lo aveva trasformato nel suo trequartista ideale
mancini_stankovic

Scontato l'addio al modulo tanto caro a Mazzarri: i nerazzurri potrebbero oscillare tra il 4-3-1-2 e il 4-4-2, con Kovacic grande protagonista. Gli esterni tornano a fare i terzini, manca un uomo davanti alla difesa capace di fare bene entrambe le fasi

La curiosità è tanta, inutile negarlo. Il fatto che la "nuova Inter" di Mancini verrà svelata proprio nel derby, poi, non fa che rendere ancora più succoso il momento. Ma come sarà disposta in campo la squadra dal tecnico subentrato a Mazzarri?

Il ritorno del trequartista? Nei suoi precedenti 4 anni all’Inter Mancini ha oscillato tra il 4-4-2 (quando voleva mandare in campo un undici “solido”) e il 4-3-1-2, quando riteneva di potersi permettere un trequartista. Stankovic, specialmente nell’ultimo periodo, è stato l’uomo chiave in questa transizione da un modulo all’altro: capace di coprire la fascia a sinistra (quando sul versante opposto c’era Figo), sapeva accentrarsi per tentare la conclusione di destro o suggerire per le punte. Ecco perché, piano piano, diventò il vero trequartista del Mancio: non l’uomo di fantasia che ci si aspetterebbe dietro ai due attaccanti, ma un giocatore capace di unire i reparti con corsa, intelligenza tattica e inserimenti. Una figura che nell’Inter attuale manca - mancano anche i Vieira, i Figo, i Cambiasso, è banale sottolinearlo – ma a questo punto sembra impossibile che Mancini non affidi quel ruolo a Kovacic.

L’attacco. Mancini ha schierato insieme Vieri e Adriano nel suo primo anno di Inter, Ibrahimovic e Crespo o Ibrahimovic e Cruz negli ultimi. Attacco pesante, con due punte vere di cui una preposta a presidiare l’area e l’altra che le si muove attorno (ciò che piaceva fare a Ibra). Icardi-Osvaldo sono perfetti; l’attuale Palacio, molto dinamico ed eclettico, è a un bivio: potrebbe pagare il momento-no e trovare sempre meno spazio oppure ritrovarsi e diventare un uomo-chiave. Di certo Mancini non è il tipo di allenatore che non dà chance a chi porta qualità.

Il centrocampo. I tre in mezzo ruotano attorno a un filtro capace poi di far ripartire il gioco: era Vieira o Cambiasso nell’Inter, era Yaya Tourè (altro giocatore adorato dal Mancio) nel Manchester City, vista la rosa attuale dovrà essere per forza Medel, che però è solo interditore. Squalificato per il derby, tra l’altro, non ci sorprenderemmo di vedere Kuzmanovic (Mancini giocò persino con Burdisso o Dacourt vertice basso del rombo). Per completare la mediana, Hernanes d’obbligo e quotazioni di Guarin in risalita.

La difesa. A 4, qui non si sfugge. Difficile che Mancini voglia riproporre il “cambiamento lento” scelto da Allegri per non sconvolgere troppo la Juve al suo arrivo. Molto più probabile che il nuovo allenatore nerazzurro opti per uno shock tattico da un giorno all’altro. Nella sua idea di calcio ci sono due centrali che si completano bene (preferibilmente non due mancini insieme), con predilezione per i “marcantoni” utili anche sulle palle inattive. L’Inter di Mancini aveva spesso metà dell’undici in campo che si assestava attorno all’1.90 di altezza. In area, su corner e punizioni a favore, incuteva timore anche “fisico” agli avversari. Sui calci piazzati contro, invece, difesa a zona. Gli esterni non rivestono più l’importanza che avevano con Mazzarri: in un certo senso è sufficiente che facciano bene i terzini, magari con uno più bloccato e l’altro di spinta. Se Dodò può ricordare Maxwell per la facilità di corsa a sinistra, sulla destra sarà gara tra Nagatomo e Jonathan.

I jolly. Detto di Stankovic, Mancini ha sempre avuto nel cuore quei giocatori “tuttofare” che assicurano cuore e disponibilità ad adattarsi. Milner al City, pur non essendo un nome di primo piano, con il Mancio trovava sempre spazio. Solari (preso dal Real Madrid) e Kily Gonzales (pupillo del suo predecessore Cuper) furono altri due di cui si fidò sempre. Strani i casi di Cesar (fortissimamente voluto e strappato alla Lazio in un mercato di gennaio) e Pizarro, espressamente richiesti dal Mancio e poi non utilizzati quanto ci si sarebbe aspettato.

Moduli alternativi. La fantasia tattica del Mancio non ha limiti. Nell’Inter sperimentò un 4-4-2 con Veron largo a destra e Stankovic a sinistra che si accentravano, in modo da far coesistere 4 centrali. Nell’ultimo periodo, invece, si lasciò tentare dal tridente con Figo e Balotelli esterni d’attacco. Concludiamo con l’ipotesi 4-2-3-1, adottato al Manchester City. Dà l’idea di come Mancini sappia lavorare con il materiale di cui dispone disegnando l’abito su misura alla squadra, senza imporre un proprio modulo di riferimento. Certo, in quel caso, l’abbondanza di fantasisti (Aguero, Nasri, Silva) imponeva la scelta di schierarli tutti insieme dietro a Dzeko. Non sembra il caso dell’Inter.