Milan, lo strano caso del dottor Jeremy e del signor Menez

Calcio

Vanni Spinella

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Nella gara contro la Roma l'attaccante rossonero è il grande ex. In giallorosso giocò per tre anni: era geniale ma incostante, talentuoso ma svogliato. Una "doppia personalità" calcistica da cui, grazie a Inzaghi, sembra essere definitivamente guarito

La stella in cima all’alberello, ecco cos’era Menez. Per anni gli hanno cercato la posizione ideale e alla fine bastava metterlo lì per vederlo splendere davvero. L’intuizione è di Inzaghi che, tirando fuori dalla cantina il caro vecchio “albero di Natale” di ancelottiana memoria, ha trovato lo spazio per due mezzepunte creative (di cui la rosa abbonda) che non devono più giostrare larghe e ha liberato Menez. Falso nueve? No, centravanti vero.
Risolto così lo strano caso del dottor Jeremy e del signor Menez, il giocatore che da anni calca i migliori palcoscenici europei con la schizofrenia propria di chi non ha ancora trovato se stesso, oltre che la collocazione. Geniale ma incostante, era l’etichetta che lo accompagnava a Roma, dove effettivamente gli hanno visto fare cose dell’altro mondo… tra una pausa e l’altra.






Stessa storia al Psg, in Francia, dove continuano a considerarlo un attaccante esterno, al massimo una seconda punta. Finché un bel giorno Inzaghi non lo mette al centro della scena, in quella che fu la sua posizione, quando il 9 del Milan era uno che faceva i gol.
Iniziano a piovere reti, alcune meravigliose. Il colpo di tacco contro il Parma, il piattone volante nel derby, la serpentina con il Napoli. Si intravede persino, udite udite, una certa costanza. Signor Menez, può andare: lei è guarito. E non dimentichi di salutarci il dottor Jeremy.

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