Un Pogba "alla Rivelino": tutti gli artisti dell'elastico
CalcioVIDEO. Nel corso della partita contro l'Inter, il francese si è esibito in un dribbling di scuola sudamericana. Per i brasiliani è la culebrita e l'ex compagno di Pelè ne è l'ideatore. Dopo di lui l'hanno reso celebre Ronaldo, Dinho e Ibrahimovic
Dici elastico e pensi al Brasile. Di certo non alla Francia. Eppure quel ragazzone che indossa la maglia numero 6 della Juventus deve avere sangue sudamericano nelle vene, per danzare a quel modo con la palla incollata al piede. Sì, incollata. Perché è questo il presupposto numero uno di quel “trick” che ormai tutti conoscono come “l’elastico” e che serve a dribblare l’avversario facendogli credere di voler portare la palla in una direzione e levandogliela sotto gli occhi all’ultimo istante, quando lui ormai ha abboccato. Il tutto accarezzando il pallone prima con l’esterno e poi con l’interno, senza mai abbandonarlo un attimo. Tenendolo incollato, appunto. In questi casi, un video è sempre meglio di mille parole.
In realtà a chiamarlo elastico siamo noi italiani. All’estero è flip-flap (rende bene l’idea delle due “fasi” in cui si può scomporre il gesto) o, per i brasiliani che ne rivendicano la paternità, “culebrita”, ovvero “biscia”, “serpentello”. Perché quella è la “traccia” che lascia la palla sull’erba dopo un elastico. E non si tratta nemmeno di un’invenzione tanto recente: la prima culebrita fu perfezionata da Rivelino, trequartista brasiliano che, stufo di essere ricordato solo per le sue potentissime punizioni, volle dimostrare che il suo piede sinistro sapeva essere anche fioretto, oltre che martello. Viste oggi, queste immagini fanno quasi tenerezza: il modo in cui Rivelino si pregusta il numero, preparandolo con pazienza, l’atteggiamento dell’avversario, al contempo consapevole che il genio che l’ha puntato ha in mente qualcosa di diabolico e che non riuscirà a evitare di fare la figura del fesso. Tutti noi lo ringraziamo per essersi immolato, facendo da cavia per Rivelino.
Ben diversa la velocità con cui è stato riproposto “a colori” da geni del calcio che l'hanno coltivato con pazienza destreggiandosi fin da bambini nei vicoli, provando e riprovando, perdendo la palla cento volte prima di vederlo magicamente completato. Vicoli di San Paolo, Rio de Janeiro, Funchal, persino Malmoe (e già sapete a chi stiamo pensando…).
Ronaldo (quello “vero”, oggi grasso) l’ha esibito a mille all’ora, in piena corsa, tanto che serviva la moviola della moviola per capire cosa avesse fatto. E quando lo mostrò in Italia lasciò senza parole anche il re dei nostri telecronisti:
Ronaldinho ne fece un marchio di fabbrica, sempre col sorriso, tanto che in un celebre spot in cui Brasile e Portogallo si affrontavano a colpi di magie era il modo in cui effettuava l’ultimo dribbling prima di essere steso senza pietà… dall’arbitro.
Normale, quindi, che oggi i più associno immediatamente il nome di Dinho a questa specialità. Potere della pubblicità. Dopo di lui sono arrivati anche altri artisti dell’elastico e della caviglia snodata, come l’immancabile CR, Willian o Ibrahimovic, che prima di Pogba ha dimostrato quanto non conti la distanza tra piedi e cervello per far certe cose. Il segnale corre anche se si ha un nervo sciatico lungo un metro e mezzo.
C’è da dire però che non tutti gli elastici vengono col buco. Attenzione, se volete provarci a casa: la figuraccia è sempre dietro l’angolo.
In realtà a chiamarlo elastico siamo noi italiani. All’estero è flip-flap (rende bene l’idea delle due “fasi” in cui si può scomporre il gesto) o, per i brasiliani che ne rivendicano la paternità, “culebrita”, ovvero “biscia”, “serpentello”. Perché quella è la “traccia” che lascia la palla sull’erba dopo un elastico. E non si tratta nemmeno di un’invenzione tanto recente: la prima culebrita fu perfezionata da Rivelino, trequartista brasiliano che, stufo di essere ricordato solo per le sue potentissime punizioni, volle dimostrare che il suo piede sinistro sapeva essere anche fioretto, oltre che martello. Viste oggi, queste immagini fanno quasi tenerezza: il modo in cui Rivelino si pregusta il numero, preparandolo con pazienza, l’atteggiamento dell’avversario, al contempo consapevole che il genio che l’ha puntato ha in mente qualcosa di diabolico e che non riuscirà a evitare di fare la figura del fesso. Tutti noi lo ringraziamo per essersi immolato, facendo da cavia per Rivelino.
Ben diversa la velocità con cui è stato riproposto “a colori” da geni del calcio che l'hanno coltivato con pazienza destreggiandosi fin da bambini nei vicoli, provando e riprovando, perdendo la palla cento volte prima di vederlo magicamente completato. Vicoli di San Paolo, Rio de Janeiro, Funchal, persino Malmoe (e già sapete a chi stiamo pensando…).
Ronaldo (quello “vero”, oggi grasso) l’ha esibito a mille all’ora, in piena corsa, tanto che serviva la moviola della moviola per capire cosa avesse fatto. E quando lo mostrò in Italia lasciò senza parole anche il re dei nostri telecronisti:
Ronaldinho ne fece un marchio di fabbrica, sempre col sorriso, tanto che in un celebre spot in cui Brasile e Portogallo si affrontavano a colpi di magie era il modo in cui effettuava l’ultimo dribbling prima di essere steso senza pietà… dall’arbitro.
Normale, quindi, che oggi i più associno immediatamente il nome di Dinho a questa specialità. Potere della pubblicità. Dopo di lui sono arrivati anche altri artisti dell’elastico e della caviglia snodata, come l’immancabile CR, Willian o Ibrahimovic, che prima di Pogba ha dimostrato quanto non conti la distanza tra piedi e cervello per far certe cose. Il segnale corre anche se si ha un nervo sciatico lungo un metro e mezzo.
C’è da dire però che non tutti gli elastici vengono col buco. Attenzione, se volete provarci a casa: la figuraccia è sempre dietro l’angolo.