Tevez: "Cresciuto tra droga e omicidi, ho scelto il calcio"

Calcio
Carlos Tevez in una delle sue esultanze, ricorda il quartiere della sua infanzia (Getty)
tevez_getty

L'attaccante della Juventus si confessa a Fifa.com parlando della sua infanzia: "Droghe e assassinii parte della vita di ogni giorno. Vivere in questo modo ti fa crescere molto in fretta"

"Ho vissuto in un posto dove droghe e omicidi facevano parte della vita di ogni giorno. Vivere in quel modo, anche se sei un ragazzino, ti fa crescere in fretta e ti mette nelle condizioni di scegliere da solo la tua strada. Io l’ho fatto, non ho mai tollerato le droghe e gli omicidi e fortunatamente ho potuto fare la mia scelta”: Carlos Tevez si confessa al sito Fifa.com parlando della sua infanzia difficile, e ricordando storie come quella di Dario Coronel.

Il ricordo di Dario Coronel - Con lui, l’Apache formava una coppia da “dinamite pura", racconta chi li ha osservati giocare nelle giovanili di All Boys, Santa Clara e Villa Real, ma a un certo punto le sue strade si sono separate. Coronel, soprannominato Cabanas per la sua somiglianza con l'allora calciatore del Boca, fu selezionato per giocare nel Velez Sarsfield ma cominciò a frequentare una gang locale, si diede alle rapine e alla droga e a 17 anni, circondato dalla polizia, si tolse la vita. Cresciuto anche lui nel Barrio Ejercito de Los Andes, meglio conosciuto come Fuerte Apache, Carlos Tevez invece è riuscito a stare lontano dai guai. “Coronel aveva tutto per avere successo ma ha scelto una strada diversa, quella della criminalità – aggiunge Tevez -. Ha fatto la scelta più facile, non è stata una questione di sfortuna. Penso spesso a lui, era il mio migliore amico, stavamo insieme 24 ore al giorno".

Fuerte Apache oggi - Oggi le cose vanno pure peggio. "Una volta ti derubavano ma ti lasciavano andare via, ora gli dai tutto quello che hai e ti uccidono pure. Pensano solo alle proprie vite e non a quelle degli altri. Dobbiamo però mostrare alla gente che ci sono anche bravi ragazzi a Fuerte Apache e nella Ciudad Oculta come in tutte le città argentine. Io ne sono venuto fuori e come me anche altri. Non è facile ma ognuno ha il proprio destino nelle sue mani. Non so se essere cresciuto in quell'ambiente ha fatto di me un calciatore più battagliero, ho sempre giocato a modo mio ma è possibile", riconosce l'attaccante argentino, che nella Torino bianconera ha trovato l'ambiente ideale.

La Torino di Tevez - "Dopo otto anni a Manchester ho ricevuto un caldo benvenuto a Torino, la gente è molto alla mano, anche se meno passionale rispetto a posti come Roma o Napoli - continua - si vive bene qui ed è il posto dove è stato più facile per me ambientarmi, anche per la lingua, che capisco un po' meglio, mentre in Inghilterra è stata più dura. Ma l'Argentina mi manca, mi sono sempre mancati amici e famiglia, sin dall'inizio. Per fortuna ricevo tante visite per cui non sono sempre solo". Alla Juve ha ereditato la maglia numero 10 che fu di Platini e Del Piero "ma non ne sento il peso. Anche se è importante per me, non mi metto addosso altra pressione per sentirmi degno di questa maglia, altrimenti diventerei matto e non potrei fare il mio lavoro nel modo giusto", conclude.