Lippi, voglia di panchina: "Non per forza in una grande"

Calcio
Marcello Lippi vorrebbe tornare in panchina (Getty)
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Durante la presentazione della sua autobiografia in cinese presso l'ambasciata italiana a Pechino, l'ex ct della Nazionale campione del mondo esprime il desiderio di tornare ad allenare: "Serve un progetto, non ho bisogno di vincere un altro scudetto. In Cina? No"

Marcello Lippi torna in Cina per presentare la sua autobiografia in cinese, "Il gioco delle idee: pensieri e passioni a bordo campo", uscita nel 2008 in Italia per la Editrice San Raffaele e quest'anno in Cina per la casa editrice Yilin. A quasi un anno dalle dimissioni da direttore tecnico del Guangzhou Evergrande, con cui ha vinto tre campionati cinesi e una Champions asiatica, l'allenatore della nazionale campione del mondo racconta la propria esperienza in Cina e come allenatore presso l'Ambasciata d'Italia a Pechino.

Davanti a una platea di ammiratori e lettori, Marcello Lippi ha elencato alcuni dei punti della sua filosofia calcistica, a cominciare dallo spirito di squadra. "Nessuno di noi è forte come tutti noi", ha spiegato Lippi agli ammiratori. Un messaggio condiviso anche dall'ambasciatore d'Italia in Cina, Ettore Francesco Sequi, che ha rimarcato l'importanza per l'Italia di sapere affrontare le sfide, con tenacia, ambizione e forte senso di unità e di appartenenza. Sul suo futuro professionale, Lippi si è detto pronto a tornare ad allenare.

"Tornerei, sì, se venisse una squadra - spiega in un incontro con i giornalisti italiani e cinesi - Mi metterei a sedere, a parlare: non deve essere per forza una squadra che ha le potenzialità per vincere. Vincere un altro scudetto, o otto o sette, non cambierebbe chissà che cosa. E' il fatto di avere ancora voglia di calcio". Esclude, invece, un ritorno in Cina. "Qua no, altrimenti rimanevo dove ero perché era il club migliore che c'era". Al di là del suo successo personale come allenatore, vede ancora lontana la possibilità che il calcio cinese possa raggiungere risultati importanti. "Una squadra non può diventare campione del mondo se non si crea una mentalità nel Paese e un'abitudine a praticare questo sport. Servono il calcio nelle scuole e un potenziamento dei settori giovanili. Altra cosa determinante sono gli istruttori bravi".