Francesco D'Arrigo, docente della scuola allenatori della Figc, invita ad una riflessione profonda sul modo di insegnare calcio. Occorre restituire ai giocatori il ruolo di protagonisti principali di un gioco che non può essere rinchiuso in schemi preconfezionati ma che deve tenere conto della creatività dei suoi interpreti
di Augusto De Bartolo
"In fondo stiamo parlando solo di calcio". Francesco D'Arrigo (docente della scuola allenatori della Figc) lo ha ripetuto agli amici appena dopo la presentazione del libro "Il senso del gioco" (La Casa Usher editore), rispetto a quanto accaduto all'Ostello San Frediano di Lucca dove si è chiamata in causa addirittura l'epistemologia e la filosofia. Eppure tutto quanto spiegato ha un "senso" pratico, estetico e filosofico. Perché non si può ridurre quello che per definizione è un gioco, e per questo gli va restituito quell'aspetto ludico e creativo che ne caratterizza l'essenza, a una mera esecuzione di schemi preconfezionati senza tenere conto del contesto in cui si sviluppa e delle infinite variabili a cui è sottoposta una partita di calcio.
Occorre una riflessione, ciò che in questo libro D'Arrigo (lo ricorderete alla guida del Pontedera che sconfisse la Nazionale di Sacchi prima del mondiale americano) delicatamente induce a fare, sul ruolo dell'allenatore, sui suoi compiti, sulla gestione. Perché se gli allenatori moderni non sono chiamati a fare un passo indietro, comunque ne devono fare uno di fianco per cambiare prospettiva e riportare, tanto per utilizzare una citazione di un tecnico famoso come Rudi Garcia, il giocatore (e non la chiesa) al centro del villaggio. Perché il protagonista del gioco è lui a patto che gli siano dati gli strumenti necessari per interpretare quel linguaggio comune creato dall'allenatore per tutti i componenti della squadra e sia in grado di scegliere la soluzione migliore e più efficace rispetto a una data situazione di gioco.
Una piccola rivoluzione che altrove (in Spagna, Germania, e Belgio) hanno da tempo percorso con risultati che sono sotto gli occhi di tutti e che restituisce ai calciatori la propria personalità, il proprio carattere di "esseri pensanti". Un libro che va oltre moduli e schemi, che parla di pensiero tattico e di condizioni spazio-temporali. Un discorso con spunti dotti e interessanti per spiegare le dinamiche che si instaurano e si combinano all'interno dei 90' di gioco e durante la settimana di allenamenti.
Per questo allenare, al giorno d'oggi, richiede la necessità di mettersi sempre in discussione, di verificare il lavoro proposto, di conformarlo alla situazione particolare in cui ci si trova. In questo libro non si danno risporte certe, si insinuano dubbi, dubbi che sgretolano certezze acquisite, verità assolute che il calcio di oggi non può più permettersi.