Bollino di qualità: "Giovinco, un mito. E all’Espanyol…"

Calcio

Alfredo Alberico

Mauro Bollino, 21 anni, attaccante dell'Andria
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LA GIOVANE ITALIA. Attaccante di 21 anni, Mauro Bollino, è cresciuto nelle giovanili del Palermo: "Conosco Zamparini, quello che fa è solo per passione". Ex Pisa e Foggia, ha avuto una chance per trasferirsi in Spagna a 16 anni: "Ma non è un rimpianto" 

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Una passeggiata in centro in un soleggiato pomeriggio di marzo aiuta a pensare. In Via Perugia, poche centinaia di metri dal cuore di Andria, Mauro Bollino fa un giro con il suo Simba, giovane labrador che per sgranchirsi le gambe ha fretta di fare metri. E in questo è un po' come il suo padrone, che a 21 anni corre forte per trovare, e in certo senso ritrovare, un posto nel grande calcio: “Ho cominciato nel Palermo, la mia Palermo, dove ho pure esordito in prima squadra. Da allora non ho girato molto, ma so di essere arrivato nel posto giusto, ad Andria, dove c’è un progetto per riportare in tre anni il club in alto. Questa cosa dà grandi stimoli”.

Dopo Palermo, Pisa; dopo Pisa, ancora Palermo. Poi il trasferimento al Foggia nel 2014, dove l’attaccante è arrivato a titolo definitivo. E’ proprio a Foggia, nello stadioZaccheria che visse anni esaltanti con Zeman, che Marco ha incontrato una delle persone più influenti della sua fresca carriera, Roberto De Zerbi: “Senza dubbio l’allenatore con il quale sono diventato grande. Con lui ho imparato a muovermi meglio in campo, a cercare la posizione giusta. Prima ragionavo da solista e non me ne rendevo conto. Gli devo molto, così come devo tanto anche a Cesare Beggi, con il quale ho mosso i primi passi a Palermo”.

Lo scorso gennaio il passaggio all’Andria, anche in questo caso a titolo definitivo. "Qui come a Foggia c'è l’esigenza di fare calcio a un certo livello. In questi casi si parla di piazze importanti e posso confermare che lo sono entrambe. Alla Fidelis sono riuscito ad ambientarmi subito grazie a un gruppo di persone disponibili, e se sto trovando una certa continuità, è anche grazie a questo approccio. Sento che qui prevale il merito e non ci sono né ingiustizie né nonnismo, che sono le cose che detesto di più nel mondo del pallone. Ecco perché, ripeto, sono convinto di essere nel posto giusto”.

Mancino, in origine trequartista, oggi esterno d’attacco che può essere impiegato sia destra che a sinistra e adattarsi anche come quarto di centrocampo. Insomma, uno di quei tuttofare che fanno felici gli allenatori: “Se dovessi scegliere un big per spiegare che tipo di calciatore sono, direi Giovinco. Ovviamente non è un paragone, piuttosto un modello a cui ispirarmi. Ho guardato non so quanti video di Sebastian su You Tube che me ne hanno fatto apprezzare qualità e spirito”.

Si definisce equilibrato e sereno, in campo e fuori. Merito anche di Silvia, la sua ragazza, che inconsapevolmente è diventata la sua mental coach nei momenti più delicati: "Incitamento costante, mai invasiva. Per me è una specie di rivoluzione visto che ho sempre avuto difficoltà ad accettare critiche. Le sue conoscenze calcistiche? Beh, sta migliorando…".

La ragazza migliorerà, certo, così come lui lo farà in campo, magari per riprendersi la maglia rosanero: “Uno dei miei sogni è tornare a giocare in A con quella maglia. Ma c’è tempo e tanto lavoro da fare. Intanto mi auguro che il Palermo riesca a salvarsi in una stagione molto difficile. Il caso Iachini? Purtroppo a pagare è sempre l’allenatore, ma Zamparini è solo mosso da grande passione. Quella del “mangia allenatori” non è una parte che ormai è obbligato a fare, ma un suo modo di essere. Io ne ho apprezzato l’umanità e il sostegno quando ero un suo giocatore”.

Da Palermo a Barcellona, sponda Espanyol. A 16 anni l’occasione di andare in Spagna, rimbalzata per una scelta maturata in famiglia: “Non è un rimpianto di quelli devastanti, sia chiaro. Ma oggi non rifarei la stessa scelta, anche perché quello spagnolo è  il calcio che preferisco. Lì davvero vengono valorizzati i giovani, mentre in Italia si spendono solo tante parole sull’argomento. Sarebbe ora di far nascere le squadre B”. E se questo è l’ennesimo calciatore che ci racconta la stessa cosa, beh, allora forse è davvero arrivato il momento di cambiare.