L'OPINIONE. Il ct dell'Italia chiedeva un giudizio chiaro e rapido e così è stato per eliminare ogni dubbio prima dell'Europeo. Lo attendono il Chelsea e l'Inghilterra ma prima potrebbe regalare agli Azzurri un trofeo prestigioso
Una vicenda giudiziaria non ha mai un happy end, non lo ha neppure quando si conclude con un'assoluzione. E' così anche per Antonio Conte che il GUP del Tribunale di Cremona ha assolto dall'accusa di frode sportiva per non aver commesso il fatto. Un verdetto assolutorio pieno che non cancella il tormento vissuto dal cittì della Nazionale quando neppure la giustizia sportiva credette alla sua professione d'innocenza. Vinse anche allora sul campo, guidando dalla tribuna la Juventus al secondo scudetto consecutivo.
Quella ferita non si è mai chiusa, forse non lo sarà neppure con questa sentenza che per definizione pesa più di un provvedimento disciplinare. Il teorema accusatorio è stato smontato nell'udienza preliminare, azzerando anni di parole spese da chi aveva pochissimo credito e incassate da chi avrebbe dovuto valutare meglio le dichiarazioni. Conte, per carattere, punta sempre e solo alla vittoria, la più chiara possibile. Perciò ha chiesto il rito abbreviato, salutando la compagnia dei 90 indagati per i quali il processo comincerà a dicembre. Di fatto la sua è stata anche una rinuncia alla prescrizione.
Chiedeva il giudizio e lo chiedeva subito, prima del campionato europeo, prima del suo addio all'Italia, come paese e come movimento calcistico: il verdetto ha già fatto notizia in Inghilterra, paese che tiene alla forma come alla sostanza. Lì, al Chelsea, lo aspettano per lanciare la sfida al Leicester di Ranieri, qui in Italia aspettiamo il regalo d'addio. Quello sì sarebbe un happy end.