Gli ex Pavia: "Zhu ha giocato con le nostre vite"

Calcio

Alfredo Alberico

L'ex presidente del Pavia, Xiaodong Zhu (al centro della foto), con la sciarpa del club oggi fallito
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Il fallimento del club lombardo, negli ultimi due anni gestito da una proprietà cinese, attraverso le testimonianze di alcuni suoi ex calciatori: "Lega Pro e Federcalcio devono vigilare. Il caso Parma non è servito a lanciare un vero allarme"

"Arriviamo, compriamo, vinciamo". Il calcio italiano è pieno zeppo di presidenti e proprietà che al momento dell’acquisizione di un club si sono lanciati in questo stringato ma ambizioso programma. Serve a caricare l’ambiente, a fare abbonamenti, e magari ci si crede davvero. A Pavia, però, stavolta hanno esagerato. In Italia sono arrivati i cinesi, anche per investire nel pallone. E sono arrivati dapprima lì, sulle sponde del Ticino. Ma chi pensava che Xiadong Zhu e le mire espansionistiche del suo gruppo potessero realmente far spiccare il volo alla società lombarda, si è dovuto ricredere: il Pavia, infatti, è fallito. In poco più di due anni il fondo Pingy Shanghai aveva promesso di esportare il "prodotto Pavia" in estremo Oriente per fidelizzare almeno 50 milioni di tifosi; aveva promesso uno stadio polifunzionale e la Serie A in 5 anni. Solo balle. La storia del calcio e dello sport in genere insegna quanto sia complicato concretizzare un progetto, magari vincente, senza pianificazione, capacità e risorse. E’ sufficiente che venga meno una sola di queste componenti per far crollare tutto, lasciando delusione e debiti. Ecco quello che resta oggi del Pavia. Tommaso Bellazzini, Dario Biasi, Antonio Marino e Gianmarco Fiory, che con gli azzurri hanno affrontato le ultime due stagioni di Lega Pro, hanno deciso di raccontarci questa storia dal loro punto di vista.

Tommaso Bellazzini (centrocampista, 29 anni, senza contratto) - E' forse il più arrabbiato. Lo è perché dalla vicenda Pavia non solo è uscito con il morale a pezzi, ma anche con un ginocchio rotto. Situazione che per ora lo lascia senza contratto. "Una situazione inaccettabile. Sento dire che i cinesi sono andati via anche per la delusione d'essersi affidati nella gestione a persone sbagliate. Sarà pure vero, ma per me è un alibi. Non si sono assunti le loro responsabilità e nei guai ci siamo finiti noi. Tre stipendi (circa 40mila euro lordi, ndr) hanno condizionato la nostra vita e quella di chi è nella nostra vita. Penso anche allo staff medico di grande livello che avevano scelto: credo non abbiamo preso un euro. Invece l'euro lo ha speso Alessandro Nuccilli: la vendita del club a lui è stata clamorosa, sapeva già di fallimento. Il caso Parma non ha insegnato nulla. Servono controlli, seri e preventivi quando un gruppo vende e un altro acquista. Questa situazione va fermata. Oggi non ho una squadra, a Pavia ho perso due anni oltre ai soldi. Però ho recuperato dall'infortunio e aspetto una proposta. Se mi fido? No, ora sono diventato molto sospettoso e prudente".

Antonio Marino (difensore centrale, 28 anni, oggi al Modena) - Con gli azzurri ha giocato da gennaio 2015 a maggio 2016. "Oltre ai nostri tre stipendi mancanti (aprile, maggio e giugno, ndr) c'è tutta la situazione dello staff e dei fornitori da sanare. Anzi, noi nei mesi precedenti alla tempesta eravamo tutelati dal fatto di dover essere pagati per evitare penalizzazioni. Gli altri, invece, hanno vissuto e vivono una situazione più drammatica. Così facendo, i cinesi hanno colpito le famiglie di chi negli ultimi due anni è stato legato alle vicende della squadra. Eppure fino allo scorso febbraio le cose erano andate bene, la proprietà aveva investito parecchio. Poi ha perso la bussola".

Dario Biasi (difensore centrale, 37 anni, oggi all'Arzignano) - Dalla Lega Pro con il Pavia alla Serie D con l'Arzignano. Biasi sta cercando di recuperare la serenità persa: "Sono amareggiato perché in fondo il primo anno era andato tutto bene. I soldi Zhu e i suoi li hanno spesi, posso garantirlo anche io. E in occasione delle ultime due finestre di mercato sono arrivati ben 20 giocatori. Eravamo soddisfatti, però se l'idea che fossero qui solo per Expo l'abbiamo avuta. Giusta o sbagliata, ma l'abbiamo avuta. Il secondo anno le cose sono cambiate già con il ritiro estivo; i fornitori cominciavano a non essere pagati. L'allontanamento dell'allenatore Marcolini, quello del ds Mussi e la sconfitta con l'Alessandria tra febbraio e marzo scorsi: lungo queste tre tappe la situazione è progressivamente precipitata. Loro, poi, si sono sentiti traditi e presi in giro da alcuni dirigenti, dirigenti italiani. D'altra parte ogni decisione non era presa senza la firma di Zhu. I mesi senza spettanze hanno avuto e hanno un peso, ma, credetemi, la vendita della società a Nuccilli è stata per noi devastante. Sapevamo che si era già presentato a Siena con un altro nome e che il suo arrivo era una specie di trucco che avrebbe decretato la fine nonostante le promesse. Tentativi per salvare il Pavia? C'erano stati poco prima della cessione, ma evidentemente non sono andati a buon fine. La città merita di più, la gente merita di più, il calcio italiano non merita invece questi personaggi. Hanno giocato con la vita degli altri".

Gianmarco Fiory (portiere, 26 anni, oggi al Lumezzane) - Un anno e mezzo al Pavia e forse una soluzione per lui più fortunata rispetto ad altri suoi colleghi: "Da febbraio è stato un incubo. In questo periodo mi sono consultato spesso con il mio procuratore e con l'avvocato dell'Aic, il dottor Macrì. Faremo appello al Fondo di Solidarietà che copre fino a 75mila euro lordi. Qualcosa la perderò, ma in due anni dovrei riuscire a recuperare buona parte delle mensilità non corrisposte. Mi spiace per gli altri, quelli che avevano contratti più importanti e che hanno perso tutto. L'Assocalciatori sta facendo il possibile, ma serve una svolta. Lega Pro e Federcalcio devono vigilare. Servo regole chiare. Oggi sono i cinesi, ma non sono gli unici. Con la cessione a Nuccilli la storia del fallimento del Pavia è stata scritta molti mesi prima che lo decretasse il Tribunale. Questo non deve ripetersi".