Nella Giornata mondiale che celebra la diffusione dei libri e il diritto d’autore, ecco chi potrebbe rivendicare la potestà intellettuale di un dribbling, un gol, un calcio di punizione, un’esultanza o persino un numero di maglia
Il 23 aprile si celebra la Giornata mondiale dedicata al libro e al diritto d’autore. Una ricorrenza voluta dall’Unesco nel giorno in cui si ricorda la morte di due scrittori come Miguel de Cervantes e William Shakespeare. Tra gli obiettivi di questa festa c’è quello di promuovere e proteggere la proprietà intellettuale attraverso il copyright. Nel calcio, per fortuna, non esiste il diritto d’autore: una giocata, un dribbling, un’esultanza "appartengono" intellettualmente a qualcuno, ma possono poi essere riprodotte (impunemente) da qualsiasi altro interprete. Anzi, capita spesso che un calciatore venga ricordato per un gesto particolare che in realtà è stato ripreso da un predecessore meno illustre o con meno mezzi a disposizione per "pubblicizzare" la sua giocata. Ma se da oggi venisse istituito il diritto d’autore nel mondo del pallone, chi potrebbe registrare il proprio marchio chiedendo il rispetto del copyright a chiunque voglia imitarlo?
Il "cucchiaio" di Totti
Di giocate memorabili l’ex capitano della Roma ne ha regalate centinaia, ma ce n’era una che lo caratterizzava in maniera particolare: il cucchiaio. Il più famoso è quello con cui batté Van Der Saar dal dischetto nelle semifinali di Euro 2000, il celebre rigore del "Mo’ je faccio er cucchiaio". Una magia assoluta che però non era la prima del fantasista romano e ovviamente non fu neppure l’ultima. Peruzzi in un derby contro la Lazio, Julio Cesar a San Siro, ma anche Handanovic e Buffon ai tempi di Parma: sono tanti i portieri che hanno subito il leggendario "cucchiaio" di Totti. Va anche detto che l’idea originaria non fu esattamente del numero 10 giallorosso, all’estero questo gesto tecnico è attribuito ad Antonin Panenka, calciatore cecoslovacco che nel 1976 calciò per la prima volta un rigore facendo lo scavetto vincendo, grazie a quel penalty, l’Europeo. Dunque il diritto d’autore, in senso stretto, andrebbe a Panenka ma per la capacità di interpretare il gesto e la classe con cui lo eseguiva, il "cucchiaio" appartiene di diritto a Francesco Totti.
Il gol "alla Del Piero"
Da un ex numero 10 a un altro. Se oggi la maggior parte delle seconde punte gioca nella fascia opposta rispetto al piede preferito, con l’intenzione di rientrare per calciare verso la porta (magari a giro sul secondo palo), il merito, forse, è di Alessandro Del Piero. Adesso lo fanno (o ci provano) un po’ tutti ma negli anni ’90 e nel primo decennio del 2000 è stato il fuoriclasse della Juventus ad incantare l’Europa con quelli che verranno poi chiamati, appunto, i gol "alla Del Piero". Da sinistra verso destra con un tiro ad effetto che scavalca il portiere sul secondo palo. Copyright: Alessandro Del Piero.
La ruleta Zidane
Alcuni la chiamano ruleta, altri roulette, altri ancora veronica: cambiano le lingue ma in qualsiasi parte del mondo si veda fare questo gesto tecnico è inevitabile associarlo al suo più grande interprete: Zinedine Zidane. Fermare la palla con la suola di un piede e trascinarla in avanti con l’altra facendo, appunto, una "ruleta" (o veronica per chi non ama i termini stranieri) di 360 gradi: una magia non rarissima ma che nessuno sapeva eseguire con la classe e l’eleganza di chi ha sdoganato questo dribbling. Di Zidane ricordiamo altri gesti su cui potrebbe avere uno sgradito copyright ma limitandoci alla tecnica e all’immenso talento di cui disponeva, gli diamo il diritto d’autore sulla "sua" ruleta.
La punizione "alla Roberto Carlos"
Quando pensiamo alle punizioni calciate "con le tre dita" - con una lunghissima rincorsa perpendicolare alla palla - è impossibile che la mente non vada al 1997 e a quel missile di Roberto Carlos che è tutt’oggi considerato il calcio da fermo più bello e incredibile della storia. A dirla tutta, di interpreti brasiliani del tiro d’esterno ce n’erano tanti anche prima del terzino ex Real Madrid: da Geraldão a Nelinho ma anche l’ex Genoa Branco hanno fatto impazzire i portieri avversari con le loro traiettorie straordinarie. Tuttavia, il miglior esecutore di tutti i tempi rimane sempre e comunque Roberto Carlos e se si dovesse assegnare il copyright per questo tipo di punizione non potrebbe che portare il suo nome.
La "maledetta" di Juninho
Restando in tema di punizioni e di brasiliani, un altro copyright potrebbe essere quello da attribuire all’ex centrocampista di Lione e Vasco, Juninho Pernambucano. Per molti è il miglior tiratore da fermo di sempre e la sua maniera di calciare era semplicemente incredibile. In tanti hanno provato ad imitarlo: alcuni (Pirlo, per esempio, ha ammesso di essersi ispirato a lui) ci sono riusciti, altri un po’ meno. Juninho sapeva segnare in tanti modi, ma era la sua "maledetta" a far impazzire i portieri. Una traiettoria imprevedibile, con la palla che sembra destinata a terminare altissima sulla traversa ma che negli ultimi metri si abbassa e si insacca in maniera beffarda (da qui il nome "maledetta"). In carriera ne ha segnate oltre 70 ed tutt’ora è un record quasi inavvicinabile. In ogni caso, per essere precisi al 100%, vale la pena ricordare che uno dei primi copyright in assoluto su un particolare tipo di punizione apparterrebbe all’italianissimo Mario, detto Mariolino, Corso: la sua punizione "a foglia morta" inventata negli anni '60 fu poi imitata da tutti i gradi specialisti.
Lo "scorpione" di Higuita
Per fare certe giocate ci vuole un po’ di follia, se poi sei un portiere e pensi di parare i tiri avversari con i tacchi facendo la mossa dello scorpione allora devi essere del tutto matto. Ovviamente, stiamo parlando del "Loco", guarda caso, René Higuita, ex portiere colombiano dell’Atlético Nacional de Medellin e della nazionale cafetera. Le sue uscite palla al piede ma soprattutto il suo "scorpione" stupirono il mondo (e costarono qualche brivido di troppo ai suoi tifosi) ma oggi è impossibile non ricordare quel gesto tecnico e atletico. Alcuni attaccanti l’hanno imitato, magari segnando gol impossibili come quelli di Ibra o Giroud, ma nessun portiere ha mai osato riprovare lo "scorpione". Ci vuole follia, troppa.
Il gol "alla Van Basten"
Se il gol "alla Del Piero" è chiamato così per via della frequenza con cui il fuoriclasse veneto provava (ed eseguiva) la giocata, quello "alla Van Basten" è un caso del tutto diverso. Il "Cigno di Utrecht" di reti splendide ne ha segnate diverse, ma quella in finale dell’Europeo tra la sua Olanda e l’Unione Sovietica fu talmente abbagliante che, da quel giorno, chiunque ripropone quel gesto tecnico fa proprio un gol "alla Van Basten". Un tiro al volo ad incrociare sul secondo palo, da posizione defilata e con il pallone che giunge dal lato opposto con uno spiovente. L’ex Milan non aveva bisogno che gli venisse intitolato un gol per rimanere nella storia, ma quel tipo di rete in una finale così importante non si vede da 30 anni.
Semplicemente Maradona
Se c’è un personaggio che sarebbe stato capace di ottenere non uno ma due copyright nel giro di 90 minuti, questo è Diego Armando Maradona. Sono passati 32 anni da quell’Argentina-Inghilterra al Mondiale messicano ma ciò che fece "El Pibe" in quel match è qualcosa di unico. Chiunque, in qualsiasi match dopo quell’estate del 1986, ha avuto l’astuzia (o l’antisportività, se la vediamo da un’altra prospettiva) di segnare con una mano si sarà sentito dire che la sua era una "mano de Dios". Allo stesso modo, qualsiasi calciatore in grado di far gol dopo aver dribblato mezza squadra avversaria (compreso il portiere) si sarà un po’ sentito come Diego contro gli inglesi. Inutile ricordare il perché.
Il doppio passo di Ronaldo
Non l’ha inventato lui, se però ci fosse una potestà intellettuale sul doppio passo, questa toccherebbe a Ronaldo. Il Fenomeno, ovviamente. Il brasiliano era dotato di un bagaglio tecnico straordinario, ma il gesto che maggiormente lo caratterizzava era sicuramente quella che in Brasile chiamano "pedalada". Nessuno prima o dopo è mai riuscito a eguagliare la velocità e l’efficacia del dribblig di Ronaldo: che fosse il fuoriclasse di inizio carriera o il centravanti appesantito delle sue ultime stagioni, quando iniziava a "pedalare" non ce n’era per nessuno.
L’1+8 di Zamorano
Da quando nella metà degli anni ‘90 è stata data la possibilità ai calciatori di scegliere un numero da 1 a 99 e di mettere il proprio nome sulla maglia, in tanti si sono sbizzarriti per essere originali. Nessuno, però, ha lasciato il segno più di Ivan Zamorano. Il centravanti cileno dell’Inter, infatti, nella stagione 1998-99 dovette cedere la sua amata 9 al più quotato e mediatico Ronaldo. Tuttavia, per non perdere il suo numero preferito, l’attaccante di Santiago ebbe un’idea geniale e prese la numero 18 ma con un segno + tra l’1 e l’8: 1+8=9. Semplice.