E' morto Gianni Mura, il ricordo di Matteo Marani: "Ti sia lieve la terra"

il ricordo
Matteo Marani

Matteo Marani

La storica firma di Repubblica, vero maestro del giornalismo sportivo, si è spenta all'ospedale di Senigallia all'età di 74 anni a causa di un improvviso attacco di cuore. Per Sky Sport il ricordo di Matteo Marani, che con Mura aveva condiviso tantissime esperienze

Ti sia lieve la terra, caro Gianni. Inizio questo pezzo come tu cominciasti, 28 anni fa, quello scritto in morte di Gianni Brera. Il tuo modello, il tuo maestro. Anche allora la notizia arrivò in redazione un sabato mattina, accompagnato dallo stesso dolore che ci colpisce oggi. Eri con la Nazionale italiana, a Malta, e buttasti giù, chiuso nella stanza d’albergo, quattro o cinque cartelle scritte di un fiato, come fosse un altro a picchettare sull’Olivetti lettera 22. Me l’hai raccontato mille volte quel giorno e ogni volta ero a richiederti come avessi fatto a scrivere un pezzo così struggente in pochi attimi. Il talento, ecco come avevi fatto.

 

Scrivevi come nessun altro, avevi una forza unica nel leggere le situazioni, una voce sempre fuori del coro e una prosa magnifica, mai grondante. Il sabato è il giorno in cui preparavi, da trent’anni, la rubrica “Sette giorni di cattivi pensieri”. E di sabato ci hai lasciati soli. Stendevi i giornali della settimana sul tavolo e raccoglievi i ritagli messi da parte. Poi mescolavi e iniziavi a scrivere. Tre giorni fa, l’ultima volta in cui ci siamo sentiti, la prima cosa che hai detto è stata proprio quella: “La rubrica continuo a farla”. Invece domani ci saranno solo i coccodrilli. Tutti correranno a ricordarti, in una sovrabbondanza di retorica che non era tua e che ti avrebbe innervosito. Eri insofferente alle cose banali, alle frasi fatte e anche per questo ti ho voluto un grande bene, per essere spigoloso e umanissimo al tempo stesso. Lo sguardo che ti fulminava per una superficialità detta e, un attimo dopo, il sorriso che si espandeva divertito, con quella barba che infondeva sicurezza. Da vivo, non ho avuto il coraggio di dirti tante cose, perché funziona così tra uomini adulti, l’affetto sta lì senza parlare. Le cene al Vecchio Porco e alla Nuova Arena, raggiungendo te e l’amico Luigi Bolognini a notte fonda, l’occasione per scherzare del calcio, del giornalismo, della politica, di tutto, e imparare ogni volta qualcosa di nuovo, arricchirmi di storie e aneddoti, segreti e visioni della vita. La tua mi è sempre piaciuta un sacco, Gianni, l’ho adorata.

Eri contro, sessantottino senza gli schemi ideologici della tua generazione. Ma essere nato nella fervida Milano del dopoguerra, oggi in trincea contro il Virus, ti era servito eccome. Lavoro e rispetto dei diritti, l’impegno a favore di Gino Strada e l’amore per Mariangela Melato. Sincero, schietto, persino ispido di fronte al perbenismo. Una cosa ti piaceva o non ti piaceva, senza mezze misure, senza soppesare nulla. Hai amato Weisz quanto me, la sua favola nera. Ti sono piaciuti gli ultimi, gli emarginati, quelli storti, le maglie nere del tuo amato, amatissimo ciclismo. Tre giorni fa, sempre in quell’ultima chiamata, hai parlato di un solo obiettivo: Tour 2020. Non ci sarai al via, ma tanto non partirà mai, Gianni. Una straordinaria libertà che veniva dalla tua classe di giornalista e di scrittore. Ti eri conquistato una credibilità che nessuno possedeva nel nostro mondo. Avevi lasciato ad altri la tv, i lustrini, e ti eri costruito un mondo tuo, meraviglioso da leggere sul giornale e bello da scoprire dopo la frutta a fine cena, quando ordinavi Cannonau e formaggi nuragichi, in onore della terra da cui il tuo babbo era partito come carabiniere. Altro che dolci, ammazzacaffè, amari, limoncelli e amenità varie.

Ti piangeranno le centinaia, migliaia di lettori con cui intrattenevi un rapporto via lettera – una bellissima abitudine dell’antico giornalismo – i colleghi che con te hanno diviso le trasferte, gli uomini della cultura che ti hanno riconosciuto un ruolo negato alla gran parte dei pallonari. Ti piangerà soprattutto Paola, l’altra tua metà, e con lei Luigi, Beppe, Emanuela, con cui ha passato le ultime settimana a Senigallia, aspettando la fine delle restrizioni per tornare a casa a Milano. Ma tu eri molto al di là dello sport: letteratura, cucina, poesia, musica, teatro, una versatilità che ti ha reso davvero unico. Una cultura universale, vastissima, che mostravi agli amici più intimi per gioco. In quelle cene, quando nobilitavi Bacco, partendo sempre con quei nervetti che erano sapore di tinello, ti esercitavi nelle mnemoniche. Una lettera dell’alfabeto e via a ricercare nella memoria nomi di calciatori, cantanti, che avessero quell’iniziale, battendoci anche due per volta.

Potrei raccontare tante altre cose di te alle persone che non hanno avuto la fortuna di conoscerti direttamente, invece ne scelgo una sola. Era il 2010. Da anni provavo a portarti a scrivere al Guerin Sportivo, il giornale che tu leggevi in formato lenzuolo da ragazzo e su cui si era cimentato il tuo maestro Brera. Era un riferimento enorme nella tua vita. Ci incontrammo a Ischia, un’altra terra che hai amato molto. Ancora prima che parlassi dei soldi, del poco che potevo permettermi visto il tuo valore, mi spiazzasti con una frase: “So che non puoi darmi molto, ma lo faccio per una ragione più importante: è per amicizia». Ti sia lieve la terra, Gianni. E grazie, grazie di tutto.