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Oronzo Canà-Aristoteles, gli attori de "L'allenatore nel pallone" si ritrovano a Sky Sport

l'INTERVISTA

Lino Banfi e Urs Althaus, alias Oronzo Canà e Aristoteles de "L'allenatore nel pallone", sono intervenuti a Sky Sport e hanno raccontato alcuni aneddoti del film: da come nacque l'idea della pellicola al provino dell'attore svizzero

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“L’allenatore nel pallone” è stato un film cult degli anni ’80 in Italia. Una pellicola importante, realizzata precisamente nel 1984, che ha varcato i confini nazionali e recentemente è finita anche sulle colonne del Guardian. “Visto che la Regina abitualmente compra il Guardian, magari adesso anche lei sa chi è Lino Banfi” ha scherzato l’attore protagonista - nel lungometraggio nelle vesti di Oronzo Canà -, durante una simpatica reunion a Sky Sport con l’altrettanto celebre Aristoteles, alias Urs Althaus. “Non ci vediamo da tanti anni – ha detto Banfi -. L’ho rivisto tanto tempo fa in Svizzera, dove lui vive, quando andai a girare un film”. L’occasione per ritrovarsi adesso è l’uscita di due libri: il primo è “Siamo tutti allenatori nel pallone”, di cui Banfi è co-autore insieme a Marco Ercole, ma a breve sarà pubblicata anche l’autobiografia dell’attore e imprenditore di origine nigeriana “Io, Aristoteles, il negro svizzero”.

Inevitabile, quindi, che al centro dell’intervista tornino i temi del film, a partire da come nacque l’idea. “Nel 1981-82 io seguivo la Roma perché, pur essendo pugliese, mi ero già trasferito da tanti anni nella capitale – ha raccontato Banfi -. Un giorno ero seduto accanto a Liedholm, eravamo in viaggio verso Milano. E mi narrò la storia di Oronzo Pugliese, un allenatore molto divertente e protagonista di numerosi episodi tutti da ridere, come quando portava le galline al campo o si nascondeva nelle camere da letto dei giocatori per controllarli. Così feci una riunione con la Medusa e decisi di fare questo film. Il nome del personaggio, ovviamente, non poteva essere Oronzo Pugliese. Oronzo andava bene, ma andava cambiato il cognome e lo proposi io: dissì «chiamiamolo Canà, perché avrà una moglie che si chiamerà Mara e potrò girare le scene in Brasile al ‘Maracanã’». Altra questione affrontata nel film – e citata anche nell’articolo del Guardian – è quella dell’antirazzismo. “È vero che ho anticipato questa tematica - ha spiegato -. Al regista gli chiesi di farmi fare una cosa divertente, perché c’era Aristoteles che aveva questa saudade e nel cuore mio già avvertivo questo problema che si cominciava a percepire. In questo modo nacque la scena in cui propongo al calciatore di dormire con me per farlo sentire meno solo”.

"Sognavo di fare il calciatore"

Banfi ha poi raccontato un altro aneddoto legato a Ciccio Graziani. “Quando la Longobarda perse 4-0 con la Roma nel film, c’erano tutti i calciatori giallorossi che passavano e mi davano uno schiaffetto sulla testa – ha affermato ‘Oronzo Canà’ -. Passò Graziani e mi diede un ‘4’ con le mani sulla testa per sfottermi e io gli dissi: «Sisì scherza, che tanto diventerai più pelato di me». E così alla fine è stato. Ancora oggi, quando ci sentiamo, mi ricorda questa scena”. Anche Urs Althaus ha svelato qualche bel ricordo legato a “L’allenatore nel pallone”: “Nella mia vita ci sono tanti momenti belli e alcuni tristi, per questo ho scritto il mio libro – ha detto -. Per me il film con Lino è stato molto importante perché mi ha aperto le porte del cinema in Italia. Quando ero bambino, il mio sogno era giocare come Pelè. Ho ricevuto un contratto dallo Zurigo, ma poi ho subito un infortunio che ha chiuso la mia carriera. Il successivo ruolo nel film, come calciatore, mi ha permesso di chiudere il cerchio. Sono riuscito anche a esultare come faceva Pelé. È una pellicola che mi è rimasta nel cuore”. Ma come è stato scelto? “Quando Sergio Martino (il regista ndr) ci presentò, Lino mi disse: «Hai un viso adatto, ma la storia parla di calcio. Tu sai giocare?». Così trovai un pallone lì vicino e iniziai a palleggiare. Lui mi guardò e si convinse che ero l’uomo giusto”.

Nel 2008 è uscito “L’allenatore nel Pallone 2” ma Banfi, con la sua solita ironia, ha pensato anche di farne un altro recentemente: “Mi era venuto in mente di fare il film con un allenatore in una casa di riposo – ha scherzato -. Quello che io chiamo ‘stadio di riposo’, dove incontri gli altri mister col pannolone”. A proposito della seconda versione di 12 anni fa, invece, l’attore pugliese ha spiegato la differenza più importante che ha riscontrato rispetto alla prima uscita dell’84: “Preferivo il calcio di una volta – ha concluso -. Anche nel film c’era molto più entusiasmo, pure da parte dei calciatori veri che hanno fatto gli attori. E anche io avvertivo più entusiasmo come tifoso. Secondo me i presidenti dei club devono essere delle stesse città delle squadre, non stranieri come spesso accade oggi. È la dimostrazione che il calcio è cambiato”.