I migliori calciatori veneti della Serie A
CalcioIl viaggio nella geografia della Serie A ci porta in Veneto, regione che negli ultimi trent'anni ha regalato talenti ai massimi livelli. Abbiamo stilato i 20 migliori veneti del dopoguerra: tanti sono passati da Chievo, Hellas, Padova, Vicenza, Venezia e Treviso. Ma quasi tutti si sono affermati nei più grandi club d'Italia
Una nazionale “all-time” di soli giocatori veneti potrebbe contare su un attacco tra i più forti della storia del pallone, e su un portiere che in Italia non ci dimenticheremo mai. Abbiamo provato a classificare i venti migliori giocatori nati in Veneto: alcuni sono entrati nel calcio proprio grazie alle società delle loro città, ma tanti hanno trovato fortuna in altre regioni, come Maggio a Napoli o Rossettini in Toscana. Dal numero 20 all'1, eccoli tutti...
Calciatori veneti della Serie A
20) Luca Rossettini
Le sue 243 presenze in Serie A – ad oggi – gli valgono un meritato posto in questa classifica, visto che non sono in molti i veneti ad aver calcato più di lui i campi del nostro calcio. Difensore roccioso nato a Padova nel 1985, ha esordito nella squadra della sua città e ci è rimasto per tre anni, sempre in C1, prima di diventare una colonna del Siena con un doppio salto in Serie A. Cinque anni in Toscana, tre a Cagliari, e adesso una squadra diversa ogni stagione: Bologna, Torino e alla fine Genoa. È stato convocato una volta in Nazionale da Antonio Conte, per un'amichevole con l'Albania in cui non entrò. Ma anche se di lui si parla poco, Rossettini c'è sempre. Caparbio e tignoso come tanti conterranei.
19) Gianluca Pegolo
Nato a Bassano del Grappa nel 1981 e cresciuto calcisticamente nel Verona, Pegolo è stato a lungo il portiere dell'Hellas (più in Serie B che in Serie A) dove ha giocato otto stagioni, fino al 2007. Poi si è spostato a Mantova e Parma, dove non è rimasto molto, fino a trovare una nuova consacrazione ad alti livelli a Siena e poi a Sassuolo. Per essere un portiere Gianluca è piuttosto basso (1 metro e 83 centimetri), ma è molto agile: tra il 2011 e il 2014, in tre stagioni, ha parato la bellezza di 7 rigori in Serie A, di cui uno a Cavani, uno a Di Natale e ben due ad Alberto Gilardino. È stato così amato che i tifosi gli hanno dedicato il coro – ispirato ad una hit brasiliana - “Ai se eu te Pegolo”.
18) Ilario Castagner
Il biondino di Vittorio Veneto, classe 1940, ha legato il suo nome al Perugia negli anni Sessanta e Settanta, prima da giocatore e poi da allenatore: con la “squadra dei miracoli” fu il primo tecnico a chiudere una stagione senza perdere una partita. Da calciatore si ritirò a soli 29 anni, dopo una carriera tra Serie B e Serie C, da centravanti di Reggiana, Legnano, Perugia, Prato, e Rimini. Forse non sarà stato un giocatore pazzesco, ma da allenatore si è poi seduto su panchine di una certa importanza: su tutte Lazio, Milan e Inter. Eppure la sua impresa più grande rimane quella compiuta con i Grifoni, di cui è stato mister per 6 anni dal 1974 al 1980: nella stagione '79-80 vinsero 11 partite e ne pareggiarono 19, chiudendo il campionato al secondo posto dietro il Milan, da imbattuti.
17) Riccardo Meggiorini
Attaccante di provincia in tutti i sensi, è nato a Isola della Scala, un paese di 11 mila abitanti vicino Verona. Ha cominciato nelle giovanili proprio del Verona, per poi passare dalla Primavera dell'Inter, con cui ha esordito in Serie A nel 2004-2005. Si è affermato nelle categorie inferiori, partendo dalla C1 con Spezia, Pavia e Cittadella, poi si è fatto notare nel Bari di Ventura, ha giocato a Bologna e Novara, si è fermato per tre anni a Torino (dove ha ritrovato Ventura) per poi tornare a casa, nel Chievo, dove è un pilastro fondamentale dello spogliatoio da ormai quattro stagioni. Veloce e molto dotato tecnicamente, non è mai stato un bomber ma ha segnato alcuni gol pazzeschi col suo sinistro: in carriera ha realizzato 74 gol (di cui 22 in Serie A) in 380 partite.
16) Luca Rigoni
Classe 1984, centrocampista di Schio, 40 mila abitanti in provincia di Vicenza. Dopo le giovanili nei biancorossi, ha giocato in prima squadra fino al 2005 in Serie B. Sei mesi con la Reggina in A non lo fecero svoltare, così Luca tornò nelle sue zone: prima Piacenza, poi Vicenza. Come accade a tanti calciatori veneti, ha trovato la sua dimensione perfetta nel Chievo, di cui è stato una bandiera per 6 anni e mezzo. Poi nel 2014 si trasferì a Palermo, dove in un anno segnò addirittura 9 gol, e due anni dopo fu ceduto al Genoa, con cui ha un rapporto conflittuale e appassionato. È stato per qualche stagione una mezzala “da fantacalcio”, che garantiva parecchie reti e diversi assist all'anno.
15) Daniele Gastaldello
Difensore centrale 34enne con 300 presenze in Serie A, viene da Camposampiero – in provincia di Padova – dove ha mosso i primi passi come calciatore. Due anni a Padova, da giovanissimo si trasferì anche alla Juve ma non giocò mai. Poi Chievo, Crotone, Siena, finché ha trovato il suo posto nel mondo a Genova: nella Sampdoria ha giocato per 9 anni, diventandone simbolo e capitano, prima di cominciare a riavvicinarsi a casa. Prima due stagioni e mezzo a Bologna, ora a Brescia. Esperto, solido, ruvido quanto basta, Daniele è un professionista serissimo, come molti veneti sanno essere. Ha giocato due preliminari di Champions League e può vantare una presenza in Nazionale, in amichevole contro l'Ucraina. Mica male.
14) Andrea Poli
Il mediano nato nell'89 a Vittorio Veneto ha diviso la sua gioventù tra Treviso e Genova, sponda Sampdoria, passando tra i due club un paio di volte fino a farsi scoprire dal pubblico di massa, giovanissimo, in Serie A: sembrava destinato a una grande carriera, l'Inter ci investì ma restò delusa da un talento che aveva molta grinta ma non altrettanta classe. È rimasto stabilmente in Serie A, dopo l'ennesimo ritorno alla Samp – dove ha sempre fatto bene – fu acquistato dal Milan nel 2013, e anche lì ha mostrato tutta la sua tigna veneta, fino all'estate scorsa. Ora è a Bologna, sotto la guida di Donadoni, e nessuno pensa che a 28 anni possa davvero esplodere: ma su di lui si può sempre contare, grazie all'esperienza maturata con 5 presenze in Nazionale e più di 200 in campionato.
13) Federico Marchetti
Nel 2010, quando Gigi Buffon s'infortunò durante il Mondiale in Sudafrica, si ritrovò titolare della Nazionale nel momento più delicato, e non fu un successo (di tutta la squadra). Eppure questo portierone di Bassano del Grappa, ex Primavera del Torino, fece la gavetta fino a 23 anni tra C2 e B, e con due anni all'Albinoleffe si guadagnò la chiamata del Cagliari nel 2008. Subito portiere titolare in Sardegna, da molti era stato identificato come uno dei migliori della sua generazione, quella del “dopo-Buffon”. Fece bene a Cagliari, poi fu messo fuori squadra da Cellino per un'intervista che non piacque al presidente; così nel 2011 è passato alla Lazio, dove ha fatto le cose migliori della sua carriera con un altro presidente non di non semplicissima gestione. Titolare fisso in almeno 4 stagioni su 7, terzo portiere agli Europei del 2016, oggi è finito ai margini del progetto tecnico di Simone Inzaghi. Ma resta un veneto illustre con 229 gettoni in Serie A.
12) Christian Maggio
Viene da Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, il 35enne difensore (ma anche esterno di centrocampo) che fece le fortune di Walter Mazzarri, e viceversa, alla Sampdoria e al Napoli. Cominciò nelle giovanili proprio del Vicenza, con cui debuttò nel calcio che conta a 18 anni in Serie A, seguendolo poi in B per i due anni successivi. Maggio, rispetto a tanti altri, non ha cambiato molte squadre: tre anni nella Fiorentina del ritorno in A, sei mesi a Treviso, due stagioni alla Samp e 10 anni al Napoli, dove ha giocato in Champions e si è conquistato la Nazionale, di cui è diventato un punto fermo: 34 presenze con l'Italia, quasi 300 con il Napoli, 39 gol in carriera e tre trofei (due Coppe Italia e una Supercoppa). Ne ha fatta di strada il ragazzo di Montecchio...
11) Manuel Pasqual
Impossibile non associarlo alla maglia della Fiorentina, di cui ha indossato la fascia di capitano a lungo, ma Pasqual in realtà è di San Donà di Piave, provincia di Venezia, dove è nato nel 1982. Ha girato molto sin dal settore giovanile, concluso con la maglia della Reggina, prima di esordire coi dilettanti del Derthona (oggi la squadra di Alessandro Cattelan, in Prima Categoria) e passare a Pordenone e Treviso. È nell'Arezzo, dove passa tre anni, che si fa notare dalla Fiorentina: la Viola investe su questo ragazzo mancino che sa crossare come pochi e lo piazza sulla propria fascia sinistra, in difesa o a centrocampo. A Firenze Pasqual mette insieme 356 presenze, coppe europee incluse, ma non vince mai un trofeo. Radicato ormai in Toscana, Manuel gioca a Empoli, dove è ancora capitano. Chissà che la prossima tappa non sia di nuovo in Veneto.
10) Luigi Sartor
Nato 42 anni fa a Treviso, ha chiuso con il calcio nel 2011, quando è stato radiato per lo scandalo di “Scommessopoli”, nel quale avrebbe avuto un ruolo insieme a Beppe Signori. Ora gestisce un bar a Parma, ma negli anni Novanta è stato un gran giocatore: l'unico italiano in grado di vincere tre Coppe Uefa con tre squadre diverse (Juventus, Parma e Inter), le ultime due consecutive. Era un difensore esterno di spinta, non segnava mai ma nel Parma a cavallo del nuovo millennio fece buone cose, sempre però limitato dagli infortuni. Vinse l'Europeo Under 21 nel 1996 insieme a Nesta, Cannavaro e Totti, ma in Nazionale giocò solo due volte.
9) Alberto Bigon
Classe 1947, padre del direttore sportivo del Bologna (ed ex Napoli) Riccardo Bigon, ha avuto anche una lunga carriera da allenatore. Ma da giocatore, centrocampista offensivo nato come centravanti e poi spostato indietro, è legato alla storia del Milan, dove ha giocato 9 anni tra il 1971 e il 1980, e con cui ha ottenuto 218 presenze e 56 gol. Aveva esordito nel Padova, la squadra della sua città, prima di un rapido passaggio a Napoli e due esperienze più consistenti con Spal (due anni e una retrocessione) e Foggia (due anni e una promozione). Giocò nel Milan di Nereo Rocco e di Liedholm, e ben tre volte superò i 10 gol in una stagione. A 33 anni andò a giocare nella Lazio in B e poi nel Vicenza in C1, di nuovo in Veneto dove tutto era cominciato.
8) Paolo Poggi
Figur(in)a leggendaria del calcio nostalgico per i Millenials più cresciuti, questo attaccante nato nel 1971 a Venezia si è fatto conoscere per le sue gesta (insieme al “sosia” Volpi) all'Udinese, terza e più lunga tappa della sua carriera da professionista, cominciata nella sua città e passata poi da Torino, dove vinse l'unico trofeo della sua vita. Coi bianconeri Poggi ha giocato dal 1994 al 2000, accanto a gente del calibro di Bierhoff e Amoroso: il loro tridente portò l'Udinese al quinto posto che valeva la Uefa per la prima volta nella storia del club. Nelle sue fermate successive, da Roma a Parma, da Bari a Piacenza, con diversi ritorni al Venezia, non ha mai ripetuto le gesta di Udine, ma è arrivato a segnare 50 reti in Serie A. E la generazione dei trentenni di oggi lo ricorda come un mito della collezione Panini.
7) Filippo Maniero
Legatissimo al suo paese, Legnaro, in provincia di Padova, cominciò nelle giovanili della squadra che oggi, a 45 anni, è tornato ad allenare. “Pippo” concluse la sua formazione al Padova prima di scoprire il calcio vero e girare l'Italia: Atalanta, Ascoli, Sampdoria, Verona, di nuovo Padova per tre anni. A Parma debutta in Champions League, passa per sei mesi al Milan, fino ai quattro anni nel Venezia di Zamparini dove diventa grande. Indimenticabile la coppia con Stefan Schwoch, sostenuta per un anno persino da Recoba. E poi Palermo, Brescia, Torino e un'esperienza ai Rangers. Tra i simboli del calcio di provincia di fine anni Novanta, Pippo Maniero segnò 78 gol in 243 partite di Serie A. Prima di diventare allenatore è stato anche giocatore di Beach Soccer. Idolo d'infanzia di molti nostalgici.
6) Tommaso Rocchi
Nato nel 1977 a Venezia, a 40 anni allena la Lazio Under-15, nella società in cui ha scritto le pagine più importanti della sua storia da calciatore. Preso dalla Juventus quando era ancora nelle giovanili, a metà degli anni Novanta girò il nord Italia (Pro Patria, Saronno, Como e tre mesi alla Fermana), prima di confrontarsi con la B a Treviso e passare all'Empoli, dove ha spiccato il volo. Con la maglia dei toscani – 4 anni di cui due in A - formò una coppia straordinaria con Antonio Di Natale, prima di passare alla Lazio nel 2004 e diventare prima un pilastro della squadra e poi il capitano di mille battaglie. Meno memorabili i suoi passaggi all'Inter, al Padova e in Ungheria, ma “Rocchi Balboa” rimane uno degli attaccanti ad aver superato i 100 gol in Serie A (102), e ha sollevato due Supercoppe italiane e una Coppa Italia. Bomber vero.
5) Dino Baggio
Il Baggio meno noto è stato un pilastro della Nazionale azzurra, con cui fu vicecampione del mondo nel 1994. Venuto al mondo a Camposampiero nel 1971, alto quasi un metro e 90, mediano aggressivo e duttile, “Diiiino” - come lo pronunciava il telecronista Bruno Pizzul – ha messo insieme 60 presenze e 7 gol con l'Italia, tra il 1991 e il 1999. Cresciuto nelle giovanili del Torino, ha giocato nell'Inter, nella Juventus e soprattutto nel Parma – dal 1994 al 2000 – prima di passare alla Lazio di Cragnotti per tre anni e di concludere la sua carriera tra Blackburn, Ancona e Triestina. Ha vinto 3 volte la Coppa Uefa, segnando 5 reti nelle finalissime di andata e ritorno: non era un fenomeno, ma sapeva stare in campo come pochi. Se ce l'avevi era difficile rinunciarci.
4) Francesco Toldo
Entrato nella leggenda grazie all'Europeo del 2000, quando in semifinale parò il possibile, l'impossibile e anche tre rigori, è stato senza dubbio uno dei migliori portieri della sua generazione, l'ultimo a meritare la maglia di titolare dell'Italia prima dell'esplosione definitiva di Gigi Buffon. Dopo una gavetta tra Verona, Trento e Ravenna, ha passato 17 anni in due sole squadre: 8 anni nella Fiorentina e 9 nell'Inter, di cui fu anche il secondo di Julio Cesar. Vincitore di 5 scudetti, ha giocato 28 partite in Nazionale. Era enorme ma saltava come un gatto. Oggi è una delle “legends” nerazzurre, oltre che un'icona del calcio italiano.
3) Aldo Serena
Il 25 giugno del 1960 nasce a Montebelluna, in provincia di Treviso, un attaccante che indosserà le maglie di Juventus, Inter e Milan. Le cose migliori le fece coi nerazzurri, che lo presero a 18 come riserva di Altobelli e Muraro prima di mandarlo a farsi le ossa a Como e a Bari, prima di un ritorno a Milano e al passaggio dall'altro lato del Naviglio, quando il Milan era in Serie B: qui segnò 8 gol importanti per la promozione del club in A. L'Inter lo riprese, lo rimandò al Torino, e alla fine lo cedette alla Juventus nel 1985 in uno scambio con Tardelli (più conguaglio): qui vinse il suo primo Scudetto e un'Intercontinentale, debuttò in Champions e poi fece il percorso inverso. Tornò a Milano, nell'Inter di Trapattoni, diventando capocannoniere nell'anno dello Scudetto dei record nerazzurri. Chiuse la carriera al Milan con altri due titoli, ma senza mai segnare. Ha giocato i derby di Milano e Torino con tutte e quattro le maglie. E ha cantato l'inno in Nazionale per 24 volte, con 5 gol.
2) Alessandro Del Piero
Non servono molte presentazioni per il ragazzo partito da Conegliano veneto e diventato la più grande bandiera della storia della Juventus. Si mise in mostra nel Padova, da cui la Juve lo comprò nel 1993, dando vita a una storia incredibile, quella di “Pinturicchio”. Raccontarlo senza mostrare una sua punizione, un suo dribbling, una sua linguaccia, risulta difficile. Ci proviamo con qualche numero dei suoi 19 anni con la Juve: 289 gol in 705 partite, 4 volte capocannoniere, 18 trofei vinti, oltre 48mila minuti in campo. E un Mondiale con l'Italia, nel 2006, con quel gol alla Germania e il rigore in finale che tutto il Paese non dimenticherà mai. Elegante e pulito dentro e fuori dal campo, Alex Del Piero è stato – insieme a Totti e Baggio – la migliore espressione del talento nel calcio italiano negli ultimi 30 anni. Da Conegliano, fino in cima al mondo.
1) Roberto Baggio
Il paesino di Caldogno, in provincia di Vicenza, è famoso per aver dato i natali a uno dei più grandi calciatori mai esistiti: Roberto “Divin Codino” Baggio, la grazia e la magia applicate al pallone. Il rigore sbagliato nella finale di Usa '94 lo ha proiettato ancor di più nella leggenda di questo sport, perché “non è da questi particolari che si giudica un giocatore”, cantava De Gregori, soprattutto un fuoriclasse come Roby. Che di coraggio, di altruismo e di fantasia ne aveva da vendere, e le fece vedere sempre: dagli inizi al Vicenza al suo primo amore, la Fiorentina; alla Juventus e al Milan, al Bologna, all'Inter e anche negli ultimi quattro meravigliosi anni al Brescia. Risorgendo da infortuni che hanno compromesso le sue ginocchia per regalare a tutti noi alcune delle più belle immagini della nostra vita legate a un pallone: 205 gol in Serie A, e tutto sommato poche vittorie (2 Scudetti, una Coppa Italia e una Uefa). Ma quel Pallone d'Oro del 1993, l'ultimo a un italiano prima di Fabio Cannavaro, è stato il giusto premio per questo artista del calcio made in Veneto.