Che lavoro facevano i giocatori prima di diventare calciatori
Bomber indimenticabile della Fiorentina trascinata a suon di gol dalla Serie C alla A nei primi anni 2000, Christian Riganò è tornato a fare il muratore, mestiere svolto fino ai 26 anni, prima di affermarsi nel grande calcio. Sono tante altre le storie dei "calciatori-operai" famosi: da "Geppetto" Torricelli all'elettricista Lavezzi. Bacca faceva il controllore sugli autobus, Icardi parcheggiava le auto... a 7 anni. Ecco le loro storie
- La sua fu una vera e propria favola: muratore fino a 26 anni, Christian Riganò arrivò tardi al grande calcio ma lo fece trascinando la Fiorentina dalla Serie C alla A. Poi per lui altre esperienze nel massimo campionato con Empoli, Siena e Messina, prima dell'avventura nella Liga con il Levante
- Ora, a 49 anni, ha ripreso a fare il vecchio mestiere: "Nella vita so fare due cose, i gol e il muratore. Così, dopo aver smesso, sono tornato a fare il mio mestiere che mi rende orgoglioso", ha detto al Corriere della Sera
- Riganò attualmente vive a Firenze e lavora in un cantiere a due passi da Ponte Vecchio: "Avevo lasciato questo mestiere a tre quarti, nemmeno a metà - ha raccontato ancora l'ex attaccante al Corriere -, io amo costruire e riparare le cose. Non avendo avuto chiamate per allenare, sono tornato a fare il mio mestiere"
- "Avevo 18 anni, avevo già lasciato la scuola. Lavoravo da KFC (la nota catena di fast-food, ndr), dove ho ancora amici, ma durante questo periodo mi allenavo anche con la mia prima squadra, l'Uniao Tires", ha raccontato a Goal. "Un giorno, mentre facevamo riscaldamento, i compagni mi hanno preso in giro e gli ho risposto 'Sarò sicuramente un calciatore'. Abbiamo scommesso che entro 5 anni sarei diventato un professionista. Ci sono riuscito in quattro anni".
- Forse la storia più nota, che lui stesso raccontò nella sua autobiografia dopo la vittoria della Premier con il Leicester. Fino a pochi anni prima giocava nelle serie minori e per mantenersi faceva il metalmeccanico in una fabbrica di Sheffield: "Era massacrante: sollevavo centinaia di pesi e il calore dei forni mi bruciava la pelle". A scottarlo veramente però era stata la delusione provata quando lo Sheffield Wednesday l’aveva scartato a un provino. "Bocciato perché troppo basso, il bello è che dopo quel provino crebbi 20 cm in un mese"
- Solo per qualche mese, per dare una mano in famiglia, ma il Pocho, da ragazzo, lavorò come elettricista al fianco del fratello. Aveva 16 anni, era reduce da un provino in Italia (alla Fermana) andato male: al rientro in patria stava per mollare per la delusione e fu proprio il fratello a convincerlo del fatto che gli impianti elettrici non facessero per lui e che di fulminante, invece, avesse scatto e tiro
- Il sogno di giocare nell’Independiente, la sua squadra del cuore, un provino andato male (“troppo gracile”), il rientro in famiglia dove papà è pronto a insegnargli il mestiere, quello di muratore. Trasportava mattoni (poi tanto gracile non era, allora) e preparava l'impasto per la calce. Prima di riprovarci con il pallone, convincendo tutti
- Le belle macchine gli sono sempre piaciute, fin da bambino. "Ho iniziato a lavorare molto presto", ha raccontato nella sua autobiografia. "D’estate, la sera, con i figli del mio primo allenatore andavo a fare il parcheggiatore nei pub, ristoranti e discoteche che si affacciavano sulla costa lungo il fiume. Avevo sette anni". Maurito aiutava i clienti dei locali a sistemare le auto in cambio di pochi pesos (ma “i più pidocchiosi mi liquidavano con un grazie!”), “Vieni, vieni, vieni, buenooo, ok, stooop” fino alle due del mattino.
- Dato che in famiglia tutti si davano da fare per portare qualche soldo a casa, ogni tanto si improvvisava anche pasticcere, aiutando la mamma a preparare gli alfajores, biscottini tondi con ripieno di marmellata o cioccolato spolverati di cocco, tipici della tradizione sudamericana. Poi, insieme, li vendevano porta a porta nel quartiere. "Poteva anche capitare che mia mamma ricevesse un ordine per i suoi biscotti e, in quei casi, a cinque anni ero già così autonomo da poter fare le consegne da solo".
- L'attaccante colombiano ha raccontato che al pomeriggio, invece, lo si poteva ritrovare sugli autobus della città, a fare il controllore, secondo lavoro necessario per assicurare alla famiglia un’entrata in più
- In Italia la "favola" più celebre è sicuramente quella di "Geppetto" Torricelli (soprannome affibbiatogli da Roberto Baggio quando seppe della sua storia), dalla Caratese alla Champions con la Juve, dopo che Trapattoni l'aveva scoperto in un'amichevole. Quando giocava nelle serie minori, per mantenersi, lavorava in un mobilificio come falegname
- Arrivò in A a 30 anni dopo una scalata dalle serie minori iniziata dall’Eccellenza umbra: "Guadagnavo 800 mila lire al mese come lavorante nella tappezzeria di Giampiero Riciutelli e altrettanti me ne dava il presidente dell’Amerina. Ero contento così. Mi sentivo appagato. Finché nell’ultimo campionato di Prima Categoria, nel 95-96, segnai un sacco di gol, 23 o 24 non ricordo bene, e mi proposero di passare nel Cnd, a Pontevecchio, alle porte di Perugia..."
- Per Zampagna si imponeva una scelta: lavorare solo al mattino per andare ad allenarsi al pomeriggio. "Ne parlai col proprietario della tappezzeria e lui mi disse: 'Prova, se te la senti'. Crescevo di categoria ma ci rimettevo economicamente, 100 mila lire al mese in meno come calciatore e gli spostamenti in auto a mie spese. Ma ero contento perché anche quella poteva essere l’occasione giusta. Realizzai 13 reti in 22 partite: esperimento riuscito".
- Altro bomber arrivato già maturo al grande calcio. Decine di gol con Cesena, Piacenza e Brescia, lui che aveva montato infissi per una vita prima di riscoprirsi calciatore e persino capocannoniere della Serie A, a 35 anni
- La sua storia invece divenne celebre quando, nel 2016, a 26 anni, fece il suo esordio in A con il Crotone, dopo aver iniziato nei dilettanti mantenendosi prima come saldatore e poi in un’azienda che produceva würstel. "Mi occupavo dell’insaccamento e del magazzino. Non è stato facile, lavoravo otto ore con le scarpe infortunistiche e poi non riuscivo ad allenarmi regolarmente anche perché avevo anche turni di notte. Il sabato lavoravo mezza giornata e mi aggregavo alla squadra prima della partenza per la trasferta"
- E poi ci sono racconti divertenti, come quello fatto da Totti a una platea di bambini che lo interrogava sul “come si fa a diventare calciatori”. A lui, da piccolo, sarebbe piaciuto fare il benzinaio: "Li vedevo sempre con quei portafogli pieni di soldi, e pensavo fossero loro..."