Il n° 1 Coni: "Non è vero che condizionano le società, giusto qualche episodio...". Lunedì il ct inglese aveva detto che in Italia comandano i violenti. "Gli inglesi non possono essere un modello, purtroppo per loro ci sono i documenti che li smentiscono"
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Gli inglesi non sono un esempio come "cultura sportiva", e non è un caso che la parola hooligan sia inglese. Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, intervenuto oggi a 'La telefonata' di Maurizio Belpietro su Canale 5, torna sulle parole di Fabio Capello, che lunedì scorso a Coverciano aveva detto che "in Italia comandano gli ultrà" e che i club non applicherebbero le leggi per paura delle contestazioni.
"Il fenomeno di cultura sportiva certamente non ci può venire dagli inglesi", spiega Petrucci, osservando che il giorno in cui Capello ha parlato, nella partita di Premier League tra Middlesbrough e Leeds ci sono stati lanci di bottigliette, ricordando anche precedenti disordini sempre tra Middlesbrough e West Ham. "Noi certamente abbiamo fatto dei passi da gigante. I disordini sono diminuiti, non è vero che gli ultrà condizionano le società, ci può essere qualche episodio. Prendiamo l'esempio di Lotito: ha combattuto, e ha combattuto vincendo, una guerra contro gli ultrà, per cui se questi erano argomenti di cui si poteva parlare anni fa oggi non è più così".
Dunque gli inglesi non possono essere un modello. "Purtroppo per loro ci sono i documenti che li smentiscono. La parola hooligan deriva dagli inglesi: non è che si dice il teppista portoghese o il teppista, si usa hooligan perché è mutuato da quello che succede in Inghilterra". Petrucci non dimentica "che gli inglesi hanno avuto cinque anni di squalifica dalle Coppe. Da noi questo non è successo" e "la situazione è notevolmente migliorata".
In questa direzione va anche la tessera del tifoso, che "sta andando avanti". "Io condivido la linea del ministro Maroni", continua Petrucci, che aggiunge anche di condividere l'ipotesi di far slittare l'introduzione del provvedimento. Secondo Petrucci la tessera del tifoso è "un'idea che aiuta certamente lo spettatore ad essere più sereno e più tranquillo e le società ad avere il nome e cognome di chi va a vedere la partita. Non si tratta di schedature, né di una violazione della privacy".
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Gli inglesi non sono un esempio come "cultura sportiva", e non è un caso che la parola hooligan sia inglese. Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, intervenuto oggi a 'La telefonata' di Maurizio Belpietro su Canale 5, torna sulle parole di Fabio Capello, che lunedì scorso a Coverciano aveva detto che "in Italia comandano gli ultrà" e che i club non applicherebbero le leggi per paura delle contestazioni.
"Il fenomeno di cultura sportiva certamente non ci può venire dagli inglesi", spiega Petrucci, osservando che il giorno in cui Capello ha parlato, nella partita di Premier League tra Middlesbrough e Leeds ci sono stati lanci di bottigliette, ricordando anche precedenti disordini sempre tra Middlesbrough e West Ham. "Noi certamente abbiamo fatto dei passi da gigante. I disordini sono diminuiti, non è vero che gli ultrà condizionano le società, ci può essere qualche episodio. Prendiamo l'esempio di Lotito: ha combattuto, e ha combattuto vincendo, una guerra contro gli ultrà, per cui se questi erano argomenti di cui si poteva parlare anni fa oggi non è più così".
Dunque gli inglesi non possono essere un modello. "Purtroppo per loro ci sono i documenti che li smentiscono. La parola hooligan deriva dagli inglesi: non è che si dice il teppista portoghese o il teppista, si usa hooligan perché è mutuato da quello che succede in Inghilterra". Petrucci non dimentica "che gli inglesi hanno avuto cinque anni di squalifica dalle Coppe. Da noi questo non è successo" e "la situazione è notevolmente migliorata".
In questa direzione va anche la tessera del tifoso, che "sta andando avanti". "Io condivido la linea del ministro Maroni", continua Petrucci, che aggiunge anche di condividere l'ipotesi di far slittare l'introduzione del provvedimento. Secondo Petrucci la tessera del tifoso è "un'idea che aiuta certamente lo spettatore ad essere più sereno e più tranquillo e le società ad avere il nome e cognome di chi va a vedere la partita. Non si tratta di schedature, né di una violazione della privacy".
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