L'episodio del post-partita di Napoli-Inter scopre quella sottocultura che innerva azioni e pensieri di generazioni intere. E’ quando la ragione crolla che riemergono i miasmi respirati per anni, decenni. Ecco perché episodi del genere dovrebbero sviluppare un forte senso di autovalutazione
Non può diventare materia di tifo o fazione. Semplicemente perché è una questione culturale. Gli insulti omofobi in una lite tra allenatori nel finale incandescente di una partita di calcio non riguardano il Napoli, l'Inter, Maurizio Sarri o Roberto Mancini. Ma coinvolgono tutti. Perché affondano le radici in una subcultura che permea il tessuto sociale italiano e che convive con il progresso intellettuale e razionale che porta ogni uomo a condividere principi fondamentali quali tolleranza, fratellanza e libertà.
Ma è quando la ragione crolla, in quei momenti in cui - come si dice - si perde la brocca e non si può più contare sulla sua opera di mediazione, che riemergono potenti e incontrollabili i miasmi respirati quotidianamente per anni, decenni. Vale per gli insulti mossi dalla rabbia, vale per il cameratismo sarcastico con cui si pretende di ridere o deridere l'altro, percepito come diverso. Ecco perché episodi del genere dovrebbero sviluppare un forte senso di autovalutazione.
Non è accettabile derubricare certe offese a momento circoscritto che non riflette il pensiero di chi le pronuncia. Perché in realtà quelle sgradevolezze qualcosa riflettono: e cioè la sottocultura che innerva azioni e pensieri di generazioni intere. Se non fossero nella cosiddetta pancia, non ne uscirebbero mai, nemmeno sotto i colpi dell'ira. E non è accettabile comprimerle a vicende di campo che nel campo dovrebbero restare, perché anche questo concetto si nutre di una subcultura: quella dell'omertà.
Quel diverbio, insomma, ha scoperchiato una dinamica e un problema sociale. Che merita un'onesta presa di coscienza, a prescindere da squalifiche e sanzioni. Guardando i social sembra una questione di puro tifo, con napoletani a difendere Sarri e tutti gli altri a dargli addosso. E già questo meccanismo, in sé, dimostra come il calcio diventi spesso un mondo distorto. Ma questa non è mai stata materia per fazioni. E' sostanza che definisce l'uomo e la sua visione della vita. Non è mai troppo tardi per rendere il mondo un po' migliore, anche partendo da una banale lite tra due allenatori nel finale incandescente di una partita