Chapecoense, Ruschel: "Dio mi salvò per bocca di Vollman"

Calcio

Massimo Tecca

Parla in esclusiva il difensore della Chapecoense, uno dei pochi sopravvissuti nel disastro aereo che coinvolse la squadra brasiliana il 28 novembre 2016: "Cambiai posto sull'aereo e mi salvai". Poi sull'incontro con Messi e il Papa: "Due momenti indimenticabili"

Alan Ruschel è uno dei pochi sopravvissuti del disastro aereo che coinvolse i giocatori della Chapecoense il 28 novembre 2016. Venerdì la squadra brasiliana affronterà la Roma in amichevole e per l'occasione il difensore ha rilasciato un'intervista esclusiva ai microfoni di Sky Sport:

Più emozionante scambiare la maglia con Messi al Camp Nou o ricevere la benedizione del Papa in Vaticano?
“Due momenti speciali e indimenticabili. Messi è la storia del calcio, uno dei grandi di tutti i tempi, e io mi ispiro ai grandi. Un’emozione grandissima, così come è stata un’emozione unica essere ricevuti dal Papa, una persona illuminata e benedetta, l’emanazione di Dio. Per chi ha ricevuto da Dio il miracolo di tornare a vivere è stata un’emozione immensa”.

Il portiere Vollman ci ha detto di essere stato protagonista di un miracolo, lei di più perché è anche tornato a giocare ed è l’unico ad esserci riuscito…
“In effetti il mio miracolo è doppio, non so perché è successo, evidentemente Dio ha deciso così. Sono tornato a vivere e sono tornato a realizzare il mio sogno di calciatore. Dio mi ha fatto un doppio regalo”

Fortuna ma anche una tremenda voglia di vivere, la testa dura che è una caratteristica di voi “gauchos”(abitanti dello stato di Rio Grande do Sul)...
“Sì ci ho messo anche del mio, la grande voglia di vivere e tornare a fare il calciatore. Ho superato il trauma, ho reagito, ce l’ho messa tutta per lasciarmi alle spalle la tragedia. Ma indubbiamente ho ricevuto un doppio regalo da Dio: la vita e il ritorno sui campi. Per questo gli sarò eternamente grato”.

Ti sei salvato anche perché hai cambiato posto sull’aereo? Te lo ha chiesto Vollman, tuo grande amico?
“Proprio così. Poco prima della partenza mi ha chiesto di raggiungerlo, di sedermi accanto a lui. Il mio posto era in coda all’aereo, sono andato al centro per stare vicino a lui, siamo amici da quando eravamo ragazzi. In quel momento è come se Dio mi avesse chiamato per salvarmi la vita”.

Hai dichiarato che non vuoi la pietà di nessuno: cosa significa esattamente?
“Come persona sono sempre uscito a testa alta da goni situazione, ho sempre avuto il rispetto e l’affetto di tutti. Voglio continuare sulla stessa strada. Quindi non devo giocare per pietà, perché sono sopravvissuto all’incidente, ma solo se lo meriterò e se sarò in grado di stare in campo con dignità. L’ho detto fin dall’inizio. Comportarsi diversamente sarebbe mancare di rispetto ai miei compagni, a quelli che faticano con me in allenamento. Insomma, se ce la faccio e torno quello di prima bene, altrimenti sarà il momento di pensare a cosa devo fare della mia vita”.

Cosa manca per tornare ad essere quello di prima?
“Solo un po’ di continuità, riprendere il ritmo-partita, giocarne qualcuna consecutivamente. Ma mi sento sulla buona strada, il recupero fisico è andato nel migliore dei modi”.

A fine anno scade il tuo prestito dall’Internacional: torni a Porto Alegre o resti alla Chapecoense?
“Ancora non lo so, c’è un po’ di tempo per pensarci. Prima che finisca l’anno ci riuniremo e tutti insieme valuteremo la migliore soluzione. Per il momento mi godo questo ritorno al calcio”.