Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, per la prima volta esce allo scoperto parlando delle elezioni federali del prossimo 29 gennaio. Lo fa parlando in esclusiva con Alessandro Alciato per Sky Sport 24
"La voglia di essere protagonisti del cambiamento c'è. Bisogna vedere cosa unisce e cosa divide e smussare gli angoli". Così Damiano Tommasi sulla possibilità di candidarsi alla presidenza della Figc come caldeggiato già dagli allenatori. "Deve esserci l'idea di mettersi d'accordo stiamo lavorando in questo senso" ha spiegato il numero uno dell'Assocalciatori. In Spagna il suo omologo Luis Rubiales sta tentando lo stesso percorso. "Eravamo compagni di squadra al Levante - ha sorriso Tommasi - ma anche a lui la strada non l'hanno messa in discesa...
Sareste pronti ad accordi anche con un altro presidente, in caso prendendo in mano la parte sportiva?
Non è questione di prendere in mano o proporre. È questione di sapere cosa va fatto e chi lo deve fare. Da tante parti, non solo Sibilia e Gravina, c’è la convinzione che la parte sportiva deve essere presa in mano da chi lo sport lo ha praticato, da chi dal punto di vista tecnico è il valore aggiunto di questa federazione. È una cosa che negli ultimi anni non siamo riusciti a valorizzare a dovere, forse perché non se ne è riconosciuta l’importanza o la validità. Questo è l’approccio che cercheremo di avere in queste elezioni. Non è questione di mettere Tizio o Caio in questo o quel ruolo. È un discorso di responsabilità e di partecipazione. Il messaggio di cambiamento va dato anche all’esterno e forse il cambiamento non passa da accordi vecchio stampo.
Qualche messaggio di sostegno dal mondo del calcio che le ha fatto particolarmente piacere, qualcuno che le ha detto di andare avanti e che si deve candidare per forza?
Che mi devo candidare per forza è difficile da raccontare. Complicato ragionare da appassionato, da tesserato senza pensare a quello che vivo ogni giorno, è difficile ma è un ragionamento che va fatto. La speranza di avere un cambiamento in federazione è tanta, me lo sento dire anche da persone che neanche guardano il calcio quasi. C’è questa voglia anche da parte di persone che non voteranno, ma che animeranno gli stadi. Non siamo ad una svolta epocale ma c’è bisogno di qualcosa di nuovo. La sfida è trovare qualcosa di nuovo con gli schieramenti che sono quelli distanti 10 mesi dal 6 marzo. I messaggi che ho ricevuto sono di stima personale. Obiettivo è fare il nostro ruolo di consiglieri federali, sapendo che rappresentiamo il mondo dei calciatori, che dal primo giorno dopo Italia-Svezia la pensa allo stesso modo. Bisogna capire quanto questa proposta può incidere e essere condivisa dagli attuali schieramenti votanti. La cosa che mi fa pensare è che anche i dilettanti si aspettano qualcosa di diverso, quindi vuol dire che è dalla base al vertice che ci si aspetta qualcosa.
Quando diventa ufficiale la sua candidatura alla presidenza della federazione?
Ci stiamo ragionando da giorni, non lo so. Vediamo se sarà. Nella componente calciatori c’è voglia di essere protagonisti e di fare un passo in più rispetto a quanto fatto fino a oggi nella nostra attività federale. C’è voglia di mettere in gioco la mia persona su queste elezioni.
È un fatto di tempo?
Non solo, anche di condizioni. Siamo convinti che la federazione abbia bisogno di largo consenso per fare riforme, lo dice anche lo statuto, l’idea è quella di avere un candidato unico e che quello raccolga consensi. Sarebbe un successo come sistema sportivo, in reazione ad un evento che è stato traumatico. Bisogna essere realisti però, non so quanto il nostro sistema calcio abbia questa visione.
Lei ha parlato con Sibilia e Gravina, anche loro hanno voglia di candidarsi.
Si, anche quella componente vuole esprimere un candidato e essere protagonista. Il ragionamento però è più profondo, bisogna pensare al messaggio che vogliamo mandare all’interno e all’esterno. Coinvolgere persone nuove sarebbe un segnale di un certo tipo. La sfida è proprio quella, convincere tutti a convergere su un candidato visto che ci sono tante cose da fare e le responsabilità saranno tante.
Quale sarebbe il programma del candidato Damiano Tommasi?
Sarebbe legato al nostro mondo, quello del campo. È un po' che cerchiamo di convincere su temi come le attività giovanili, le seconde squadre. Chiunque sarà il presidente dovrà fare un ragionamento sull’aspetto sportivo. Non solo per Italia-Svezia, ma in generale il nostro progetto sportivo va valorizzato di nuovo e rianimato. Negli ultimi anni ha preso una piega inaspettata per i risultati, ma anche di secondo piano per un’attività federale che invece lo dovrebbe porre al primo posto.
L’immagine forte è lei che abbandona il consiglio federale dopo pochi minuti e dice: “Non c’è nessuna voglia di cambiare”. Come si convince chi non aveva nessuna voglia di cambiare a cambiare e schierarsi al suo fianco?
Non lo so, sicuramente non è schierarsi al fianco mio. È schierarsi in un percorso che deve iniziare. Quel giorno non era consiglio federale, era riunione ristretta dei rappresentanti delle componenti. Sono uscito semplicemente perché si doveva passare da quello che poi è stato il passaggio cruciale, con una settimana di ritardo. Doveva essere fatto prima da rappresentanti istituzionali quali eravamo. La sfida è di convincere, è un passo in più verso questo possibile cambiamento. Si può fare con le stesse persone, cambiando il modo di pensare. Non è facile perché se fosse facile lo avremmo già fatto. La speranza è che le leghe di Serie A e B, che ora sono frammentate, riescano a riunirsi e esprimere una posizione. Noi come rappresentanti dei calciatori abbiamo intrapreso questo percorso e stiamo provando a far capire che non è un’idea che va a vantaggio dei calciatori e basta, va a vantaggio di tutti. I calciatori hanno sposato questa linea, cerchiamo di far capire che si può coinvolgere gli altri non solo distribuendo ruoli.
In breve, quale sarebbe la sua federazione? La federazione con lei presidente come sarebbe?
Non lo so come sarebbe. Una federazione che dia voce a tutti e che dia il giusto peso delle proprie responsabilità a tutti. Per alcuni aspetti ai tecnici, per altri ai calciatori, a chi rappresenta il lato imprenditoriale. È lo statuto che lo dice, non è che la penso io così. Bisogna che qualcuno pensi che facendo un passo indietro se ne farebbero 10 in avanti tutti insieme.
Io continuo a riferirmi a Damiano Tommasi e lei utilizza “noi”. È questa la vera svolta?
È così. La mia persona rappresenta un movimento e delle idee. La cosa che più mi ha gratificato è che uscendo da quella riunione sono riuscito a riassumere il pensiero dei rappresentanti. Il mio obiettivo è capire come esplicitare questa voglia di cambiamento ed essere fedele al pensiero di chi si vuole far rappresentare.
Il riassunto potrebbe essere: la voglia era di avere un candidato unico per far funzionare la federazione, ma candidato unico non ci sarà e quindi Damiano Tommasi si candiderà contro chi ha già detto di volersi candidare.
Sicuramente la componente calciatori vorrà esprimere un candidato. Se sono io? Non corriamo troppo.