Abbiamo voluto ricordare la scomparsa di Azeglio Vicini parlando della sua Nazionale di Italia '90. Guida, padre, fratello di un gruppo di campioni che inseguivano un sogno, sfumato per poco. Tra notti magiche, la coppia Bennato-Giannini e quei pupazzetti che si ritiravano dal benzinaio
UN MINUTO DI SILENZIO SU TUTTI I CAMPI
Ci sono delle squadre a cui vuoi bene, delle persone a cui ti affezioni, come se fossero dei parenti lontani da rivedere ogni tanto. Ecco, la nazionale italiana del 1990 va postata in quell’album di famiglia. Le figurine: Zenga, Bergomi, Maldini, Ferri, Baresi e poi Ancelotti, Giannini, Berti, Donadoni oppure Baggio, Vialli, Schillaci, Serena. Anche gli avversari sembravano disegnati in un fumetto: dalla Colombia di Higuita e Valderrama, al Camerun sorpresa, la Jugoslavia intrisa di genio, l’Olanda di Gullit e Van Basten, Gascoigne e Lineker o il solito Brasile. Per non parlare dei tedeschi o del numero 10 argentino. Poi c’erano gli omini da collezionare, quei pupazzetti che ritiravi dal benzinaio con le caricature dei giocatori, che erano una rappresentazione tangibile degli azzurri che entravano fisicamente nelle nostre case.
Guida, padre, fratello: sognando le notti magiche
Azeglio Vicini ne era la guida, il papà-fratello maggiore che oggi Zenga, Vialli e tutti gli altri ringraziano sui social per i consigli. Ai tempi non c’era ancora il cellulare. Lo zio Azeglio in tutto questo era il maestro che faceva andare tutti d’accordo in una banda stracolma di talento pronta a guidare un paese che voleva solo festeggiare. Italia ’90 era questo, è questo. Gli stadi astronave nuovi e spesso inutili, un paese che corre con i lavori in corso e in ritardo, le occasioni perse e la modernità che arriva. Palazzi, hotel nuovi ovunque e quella mascotte squadrata, gli occhi di Schillaci spiritati, il codino nascente di Baggio, una difesa pazzesca e i rigori maledetti. Maradona e la Germania. L’entusiasmo di una nazione che sogna e di una generazione che vuole ripetere l’82 come a dire: “ehi ci siamo anche noi”. La maglia blu scuro e lo stemma rotondo della FIGC. Insomma le notti magiche cantate dalla coppia Bennato-Nannini. Tutto sembra un sogno che ti culla fino all’amaro e improvviso risveglio firmato Claudio Caniggia. Terzo posto. E tutta la fiaba torna a essere “solo un gioco”. Rimangono le foto, gli stadi vuoti e senza senso, il ricordo di un’estate del calcio e di quegli eroi guidati da un allenatore saggio, posato e sempre al suo posto. Come un vecchio zio lontano o un pupazzetto-caricatura che ci saluta da una mensola impolverata.