Addio El Trinche Carlovich, il tributo di Federico Buffa

il ricordo
Federico Buffa

Federico Buffa

E' morto "El Trinche" Carlovich. All'età di 74 anni, a causa di un trauma alla testa subito dopo essere stato aggredito da due giovani che gli hanno rubato una bicicletta, se ne va una pagina leggendaria del calcio argentino. Lo ricordiamo insieme a Federico Buffa, che lo aveva esaltato nel 2016 in un racconto dedicato alla città di Rosario

L’ex calciatore, ammirato da César Luis Menotti, José Pekerman e Marcelo Bielsa, e addirittura idolatrato da Maradona, è morto oggi a Rosario, la città argentina in cui era nato 74 anni fa, a causa di un forte trauma alla testa subito alcuni giorni fa, dopo essere stato aggredito da due giovani che gli hanno rubato la bicicletta, non molto distante dalla casa in cui era cresciuto e viveva da sempre.

 

La città di Rosario, ribattezzata città del calcio, per via degli innumerevoli campioni a cui ha dato i natali, ricorda commossa quel suo figlio, considerato "il miglior giocatore della storia" da quelli che lo avevano visto in campo.

Figlio di un idraulico croato, viveva ancora nella casa in cui era cresciuto come più giovane di sette fratelli, perché da quella città non voleva proprio andarsene.

Pur essendo un tipo schivo e riluttante alle telecamere, Tomás Carlovich era adorato da tutti perché la sua figura da tempo occupava un ruolo leggendario nella mitologia collettiva.

 

Non esistono immagini delle sue prodigiose giocate col numero 5 sulla schiena, eppure di lui si narrano aneddoti incredibili e soprattutto si ricorda una partita amichevole tra una squadra di giocatori di Rosario e la Selección argentina in partenza per i Mondiali del 1974, durante la quale si narra che qualcuno implorò di rimuovere quell'uomo “dai capelli lunghi e magro” che stava demolendo il morale dell’Albiceleste.

Anni dopo, Cesar Luis Menotti, campione del mondo del ‘78, memore delle sue giocate, lo convocò nella sua selezione nazionale, ma il “Trinche” non si presentò e a chi gli chiese, rispose che non aveva tempo: doveva andare a pescare.

 

Della sua leggenda e del suo mito, si era occupato nel 2016 Federico Buffa, nel suo racconto dedicato a Rosario, la Città del Calcio, che vi riproponiamo qui integralmenteFederico alcuni mesi fa aveva avuto il piacere di riproporre la sua storia in uno spettacolo teatrale in tre date. La storia del Trinche Carlovich è una di quelle che ti restano dentro e non è più possibile dimenticare. E’ una di quelle storie che ti fanno amare questo gioco, te lo fanno studiare nel profondo e ti spingono a volerlo raccontare.

 

La sua storia s'avventa su di noi perché non è univoca, come se sul fiume , il fiume di Rosario, il grande Paraná, ci fossero rivoli e affluenti, ma soprattutto, perché è totalmente rosarina e poi, solo poi,  in subordine argentina. Profuma di polvere, resa spirale dall’eterno e onnipresente vento delle pianure santafecine. E profuma di zurda, che in Argentina è molto di più che dire piede sinistro, è dire artista del futbol.

Indolente, slavo, volto da caratterista dei western di Sergio Leone, ma soprattutto zurdo. La drammaturgia della sua vita scavalca qualsiasi tentativo letterario .

La scorsa estate , con la regia di Pierluigi Iorio e la consulenza del suo principale biografo, assieme a tanti appassionati d'argentina , 3 uomini e 2 donne, abbiamo provato a portarla in scena.

Ogni sera tornando in camerino sembravamo pieni di polvere anche noi.

Che la terra ti sia lieve, Trinche.”

Federico Buffa.

 

Questo epilogo è il finale più struggente che una leggenda di quel calibro potesse avere. E’ stato un privilegio visitare la sua Rosario, camminare sul suo campo e in qualche modo poterlo immaginare. E’ stato il piccolo contributo di Sky Sport affinché la sua storia continui ad essere ricordata e non si possa dimenticare.

 

Altri non l'hanno mai dimenticato. Come Maradona. Lo scorso 10 febbraio il Diez era a Rosario per accompagnare la sua squadra, il Gimnasia y Esgrima La Plata, contro il Rosario Central nella SuperLiga. Il Trinche, convinto dai dirigenti della squadra locale, si presentò al suo hotel per poterlo incontrare. La sicurezza stava per cacciarlo, quando Maradona, apparso di fronte a lui, li fermò per abbracciarlo forte.

Gli parlò all’orecchio per 10 minuti, senza sosta. Poi gli firmò una maglietta e gli disse: "Trinche, eri migliore di me." E Tomás, che non passava mai la palla a nessuno non poté che aggiungere: “L'unica cosa a cui potrei rispondere è: Diego, sei stata la cosa più grande che ho visto nella mia vita. Adesso posso andarmene con calma ”.

Esta noche juega “El Trinche”. Questa notte, per sempre.

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