Higuita: "Pablo Escobar? Era un amico ma non sono un narcos"

Colombia

L'ex portiere colombiano torna a parlare del suo rapporto con Pablo Escobar, il narcotrafficante ucciso nel 1993. "Quando ero bambino aveva fatto illuminare i campi di calcio dove giocavamo. Come potevo non essergliene grato? Ero suo amico, non un narcotrafficante"

Il suo "scorpione" lo ha reso celebre in tutto il mondo. Ma oltre a regalare colpi di classe in campo, la sua fama è diventata planetaria anche per via dell'amicizia con Pablo Escobar Gaviria, narcotrafficante a capo del cartello di Medellin, morto nel 1993 dopo uno scontro a fuoco con la polizia. René Higuita, oggi preparatore dei portieri dell'Atletico Nacional, è tornato su quel rapporto che ha segnato la sua vita e che lo ha costretto, per alcuni mesi, anche al carcere. "Un giorno lo andai a visitare nel carcere di La Catedral e questo mi segnò agli occhi dell’opinione pubblica - ha raccontato il colombiano a Fox Sports Argentina -. Escobar è stato anche un membro del Congresso, ma quando iniziarono i guai con la polizia finirono in mezzo anche i suoi amici. Mi arrestarono con l’accusa di aver fatto da mediatore durante un rapimento avvenuto poco prima ma, dopo otto giorni, mi dissero che non mi avrebbero incriminato se gli avessi consegnato Pablo. Io risposi che non sapevo nulla e che, anche se avessi saputo, non avrei detto nulla. Era compito delle autorità, non mio".

I campi illuminati

"Mi misero su un elicottero e scortarono fino a Bogotà, con un trattamento che non è stato riservato nemmeno al peggior trafficante di droga. E continuavano a insistere, ma io non avevo informazioni. Io ero grato a Escobar perché, quando ero un bambino, aveva illuminato i campi da calcio quando nessun altro lo aveva fatto. Come potevo non ringraziarlo? Io sono stato amico di Pablo, ma questo non vuol dire che sia un narcotrafficante. Quando si è famosi basta un episodio e si dà subito un’interpretazione alle cose: fai la foto con un politico e sei anche tu un politico, la fai con un narcotrafficante e vieni associato ai narcos. Io sono stato un calciatore ed è quello che più mi riempie di orgoglio. A qualcuno piacerà, ad altri meno. Alla fine lo capirono anche le autorità che ero innocente e mi lasciarono andare. Il primo giorno che sono entrato in prigione mi dicevo «domani esco» e così è stato ogni giorno durante i 9 mesi passati dietro le sbarre. Ma mi hanno sempre trattato bene perché lo sapevano tutti che ero innocente".