Essere Gianni Minà: il "Maradona" del giornalismo
Nella sua carriera, il giornalista ha conosciuto nel profondo i giganti dello sport, stringendo dei sinceri legami di amicizia con molti di loro. Da Maradona a Muhammad Ali, ripercorriamo alcune delle sue storiche interviste attraverso gli iconici scatti dei loro incontri
di Alfredo Corallo
- "Gianni Miná ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità". Il giornalista, scrittore e documentarista, scomparso il 27 marzo a Roma all'età di 84 anni, era nato a Torino il 17 maggio del 1938 da una famiglia di origini siciliane.
- "La radio non aveva terminato il collegamento che io avevo già trascritto l’ordine d’arrivo della tappa e la classifica generale del Giro. Quei primi bollettini di cronaca, un giornale improvvisato al centro di un vialetto di ghiaia bianca, si intervallavano regolarmente con partite di calcio altrettanto improvvisate. Del mestiere mi innamorai così". Tifoso del Torino, figlio di un arbitro di Serie A, cominciò nel 1959 a Tuttosport, poi l'approdo in Rai come collaboratore dei servizi sportivi, inviato ai Mondiali e alle Olimpiadi.
- E fu proprio l'incontro con Muhammad Ali nel 1960 ai Giochi di Roma (all'epoca era ancora Cassius Clay) a segnare profondamente il percorso umano e professionale di Minà. Da lì le loro frequentazioni si fecero sempre più assidue e il giornalista fu testimone diretto della leggendaria notte di "Rumble in the Jungle", il 30 ottobre del 1974 a Kinshasa, quando The Greatest demolì George Foreman riconquistando il titolo Mondiale dei Pesi massimi.
- Nei primi anni '80 Ali fu ospite in una puntata di Blitz ed espresse un desiderio, prontamente 'esaudito' dal giornalista: "Voleva incontrare il Papa Giovanni Paolo II e fu accontentato. Scoprimmo che Papa Wojtyla era un appassionato di boxe e ci raccontò che per vedere i suoi match chiedeva il permesso al Padre priore del collegio polacco dove ero alloggiato. Alla fine della visita Muhammad tirò fuori dalla tasca della sua giacca una bella foto in posa da pugile e gliela dedicò".
- Risale agli stessi giorni del 1984 il 'magico' incontro tra quattro leggende, riunite da Minà a Trastevere, davanti al ristorante Checco Er Carettiere: da sinistra Gabriel García Marquez, Sergio Leone, Alì e Robert De Niro. "Questa foto giustifica il mio lavoro di giornalista. Una combriccola così è proprio irripetibile e ancora adesso non riesco a capacitarmi di come sia stato possibile...".
- Nel 2016 il giornalista raccolse tutti gli articoli scritti su Ali in una biografia, con la prefazione di Mina (senza accento, proprio la cantante): una sorta di diario di viaggio in presa diretta, scandito dai pezzi dettati a braccio nella notte per il Tg2, da Los Angeles a Kinshasa, fino all'estenuante battaglia del pugile con il morbo di Parkinson, durata trent'anni.
- Nel 1966 una chicca assoluta della sterminata produzione di Minà, che intervistò per la Rai il campione brasiliano in luna di miele a Riccione con la prima moglie Rosemeri Dos Reis Cholbi. Il titolo del servizio? "Pelè sposino".
- Nei "favolosi anni '60" ebbe la spregiuticatezza di portare l'allora migliore arbitro del mondo, Concetto Lo Bello - ancora oggi il fischietto con il record di partite arbitrate in Serie A (328) - a bordo di un carretto siciliano per un'intervista, a fine campionato. "Alcuni sostengono che lei sia interista, è vero?", chiese Minà. "È solo una malignità, l'Inter per me è una squadra come tutte le altre", la replica del Tiranno di Siracusa, com'era soprannominato per la sua autorevolezza.
- L'ultimo progetto del giornalista (Minà's Rewind) era legato all'esigenza di condividere tutte le esperienze accumulate nella sua inimitabile carriera, volto alla digitalizzazione di tutto l'archivio audiovisivo storico inedito. E i social erano diventati uno strumento importante per far conoscere anche ai più giovani i grandi campioni del passato e le epiche figure che aveva conosciuto e voluto bene (un affetto reciproco, come nel caso di Enzo Bearzot e gli Azzurri campioni del mondo nel 1982 in Spagna).
- Il 12 settembre del 1979 Minà fu tra i primi ad abbracciare Pietro Mennea dopo il record del mondo di 19"72 sui 200 metri a Città del Messico. "Era un figlio del Sud - scrive il giornalista sul suo account Instagram nel giorno del 10° anniversario dalla sua scomparsa, il 21 marzo - un campione di corsa che spesso non aveva neanche una pista per allenarsi, ma che però ha saputo smentire, nella sua attività di velocista, tutti i luoghi comuni. Il ricordo della sua ironia e delle nostre risate trasformano la sua assenza in una "acuta presenza".
- "Ero andato a San Francisco - rammenta Minà - quando l’Italia nel 1979 era arrivata in finale di Coppa Davis contro i superfavoriti statunitensi. Adriano Panatta mi aveva detto: 'Gianni, stavolta andiamo a fare vacanza'. La partita durò sorprendentemente più di quello che si pensava e stavano per tagliare il collegamento internazionale. Un nostro tecnico autorizzò il satellite facendosi passare per un dirigente Rai. La coppa la vinsero gli Usa, ma noi avevamo le lacrime agli occhi... dalle risate".
- In occasione degli 80 anni di Ago, Minà ha condiviso un ricordo del loro primo incontro: "Uomo schivo e riservato, l'ho intervistato quando entrambi eravamo molto giovani. All'epoca, insieme a Gigi Riva, era considerato uno degli uomini più iconici e affascinanti dello sport. Per me, ancora oggi, rimane il più grande".
- Nel 1984 - sempre a Blitz - l'intervista a Enzo Ferrari. "Non ha mai pensato di alzare le braccia e ritirarsi?", la provocazione di Minà. "Più di una volta, ma il mio più grande terrore è stato sempre quello di rimanere disoccupato...".
- "È stata una delle più forti atlete del secolo scorso - il ritratto di Minà - la più giovane ginnasta ad aver vinto un'Olimpiade, nel 1976 all’età di 14 anni. Divenne famosa nel suo Paese, in Romania, ma fu proprio in quel periodo che la sua vita si disgregò. Fu poi accolta come rifugiata politica nell’89 negli Stati Uniti. Nel ’90 la intervistai e vidi davanti a me una donna forte fisicamente, ma distrutta nel proprio intimo. Mi chiese se potevo farla ricevere dal Papa. Ce la feci, e ne fui molto contento".
- "Con lo scoop di Ronaldo, il cui talento di fuoriclasse del calcio lo fece uscire da un quartiere povero alla periferia di Rio, iniziai nel 1998 la seconda serie di 'Storie'. Il ragazzo era molto timido e di poche parole, ma capace di esprimere anche molta poesia. Gli ricordai una sua frase: 'Si diventa bravi non per talento o per soldi, ma per fame o per amore in quello che si fa. Adesso non ho più fame, ma per fortuna conservo intatto l'amore in ciò che faccio".
- "Pochi giorni dopo l'esclusione dal Giro '99 per il valore degli ematocriti troppo alti, Marco Pantani, a sorpresa, mi cercò per farsi intervistare, pur sapendo che fui uno dei primi a denunciare il doping nello sport. Mi sorprese la sua telefonata, ma ne ammirai la dignità: 'Almeno lei mi starà ad ascoltare', mi disse. Lo raggiunsi a casa sua e lo intervistai. Ho un ricordo struggente di Marco, travolto da una situazione e da un sistema più grande di lui, spezzato e messo all'angolo, completamente solo".
- L'amicizia con Diego è stato uno dei tesori più preziosi per Minà. Il primo incontro tra i due è raccontato nell'autobiografia del giornalista, Storia di un boxeur latino, uscita nel 2020: "Avevo spiegato al suo addetto stampa che volevo parlare con lui non di tattiche ma della vita, di quello in cui credeva, senza pettegolezzi, e Maradona aveva apprezzato il mio tentativo di capire, con discrezione ma senza reticenze. Avevo scoperto che era molto più intelligente di come veniva dipinto. Un uomo complesso e contraddittorio, ma mai un ipocrita".
- "Era molto generoso, un uomo di parola. Ricordo che prima di Italia-Argentina, nella semifinale del Mondiale '90 che poi gli azzurri perdettero, mi promise che qualunque fosse stato il risultato sarebbe venuto alla trasmissione che conducevo a mezzanotte in Rai. Bene: ancora in maglietta e calzettoni, dribblò gli altri giornalisti, dicendo: 'Scusate, ma io ho un appuntamento con Minà". Volevano sospendermi l'intervista per dare spazio agli altri, ma lui si rifiutò e urlò: 'Fate pure il teatrino che volete, ma io rimango qui con Gianni".
- Durante gli incontri con il Pibe poteva succedere di tutto. "Andavo spesso all'Hotel Hilton quando Diego passava da Roma - scriveva nel libro sulla sua amicizia con l'argentino, Non sarò mai un uomo comune. Quel giorno mi disse che sua figlia Dalma era pazza di Leonardo DiCaprio, che proprio in quel periodo stava lavorando per il film Gangs of New York a Cinecittà. All’improvviso, ci apparve dietro l'attore, che aveva riconosciuto Maradona. Inevitabile la foto di rito".
- Lo scorso 18 dicembre, quando l'Argentina è diventata campione del mondo in Qatar, Minà ha pubblicato sui suoi social la foto di una '10' Albiceste che gli regalò Maradona, con un inciso: "In un mondo sbagliato, in un Mondiale sbagliato, un risultato giusto".
- E il 27 marzo la famiglia di Maradona - interpretando il pensiero di Diego - ha espresso le sue condoglianze attraverso i social del Pibe de Oro: "Tu non lo hai mai tradito. Grazie di tutto, Gianni Minà, un giornalista senza tempo, emblema di un mestiere quasi scomparso. Una perdita immensa".
- Minà è stato l'interlocutore di riferimento di alcuni dei più grandi scrittori latino-americani, molti dei quali appassionati di calcio come Osvaldo Soriano, Luis Sepúlveda e Eduardo Galeano, di cui il giornalista citò una battuta nel corso di un'intervista al Pelusa, suscitando una grassa risata di Diego: "Maradona giocò, vinse, pisciò, fu sconfitto".
- Il giornalista ha sempre avuto un rapporto speciale con Napoli, tanto da meritarsi nel 2019 la cittadinanza onoraria del Comune campano. Tra i suoi più grandi amici Massimo Troisi: inarrivabile l'intervista di Minà per la vittoria del primo scudetto, nel 1987, in cui il prudente Troisi invitava sì la gente a divertirsi, ma con una fondamentale avvertenza: "Prima di uscire, mi raccomando, non dimenticatevi di lasciare l'acqua e il gas aperti..."
- Irrestistibile lo sketch improvvisato da Troisi in una serata-omaggio all'amico Pino Daniele, ospiti di un programma del giornalista: "Cosa invidio a Gianni? La sua agendina. Lo sapete che ha il numero di Fidel Castro registrato semplicemente come Fidel? E quando Minà lo chiama, non attacca ma risponde! Pino gli ha detto di chiamarmi.... e lui ha sfogliato l'agendina: fratelli Taviani, Little Tony, Toquinho... Troisi. E mi ha telefonato".
- La lista dei potenti 'amici' del giornalista comprendeva anche il Subcomandante Marcos, Mikhail Gorbaciov, Hugo Chavez e artisti immensi come Astor Piazzolla, Vinicius de Moraes, Edoardo De Filippo, Paolo Conte, i Beatles. Ma il capolavoro della sua carriera rimane l'intervista di 16 ore al Líder Máximo di Cuba, lo spunto per un'imitazione di Fiorello che divertì tantissimo il caro Gianni: "Fidel, ti ho detto mille volte che sull'amatriciana il Pampero non ci va...".