De Giorgi ospite al Club: "L'allenatore che subentra deve avere conoscenza e sensibilità"
al "club"Serata speciale al "Club" di Fabio Caressa, dove la presenza del Ct della Nazionale maschile di volley ha permesso di riflettere su tematiche come quelle della gestione dello spogliatoio e del talento, o sulla difficoltà di ri-vincere: "Ci vuole umiltà, devi essere in grado di toglierti la medaglia dal collo". Una lezione di sport tra aneddoti personali, perle di saggezza e curiosità
Non è stata solo una “semplice” serata al Club, quella che ha visto protagonista tra gli ospiti di Fabio Caressa anche il Ct della nazionale maschile di volley Fefè De Giorgi: è stata una vera e propria lezione. Di gestione dello spogliatoio, di leadership, di sport. Una serata - tra aneddoti curiosi, massime e perle di saggezza - da cui siamo usciti arricchiti grazie agli interventi di De Giorgi e al confronto stimolante che è nato con un altro allenatore di altissimo livello, quel Fabio Capello che nel calcio ha vinto tutto, e che ha permesso di ragionare su differenze e similitudini, approcci e psicologia di tecnici che allenano in discipline diverse. Entrambi, poi, hanno allenato sia squadre di club che nazionali, e possono spiegare come il lavoro del tecnico cambi nelle due situazioni: “Innanzitutto i tempi sono diversi”, dice De Giorgi. “In un club puoi pensare a come sviluppare il tuo gioco e puoi programmare tutta la stagione, mentre in Nazionale devi avere le idee molto chiare, scegliere poche cose su cui concentrarti immediatamente, perché se proponi troppe cose rischi di non ottenere quello che vuoi”.
Come si costruisce una Nazionale
“La cosa buona da Ct – continua De Giorgi – è che ti scegli i giocatori, cosa che nel club non sempre puoi fare, e quindi hai un’idea che non è solo tecnica, ma anche del tipo di identità che vuoi dare alla squadra dal punto di vista dell’atteggiamento. A volte fare le scelte non significa prendere necessariamente i migliori giocatori, ma i migliori per creare la squadra che hai in mente, i più funzionali. La parte brutta del lavoro è quando, in vista di una manifestazione, devi ‘tagliare’ un paio di giocatori che comunque fino a quel momento hanno fatto bene”. Fabio Capello poi, avendo allenato le nazionali di Inghilterra e Russia, aggiunge il fattore delle “culture diverse”, “una difficoltà in più perché la comunicazione diventa più difficile; in Russia – ricorda – parlavano solo russo e quindi quello che viene trasmesso dall’interprete non è esattamente ciò che ha detto l’allenatore. A volte succedeva che io dicessi 15 parole e lui ne traduceva 40, e allora gli chiedevo: ‘Ma cosa hai detto?’”.
"L'allenatore che subentra deve avere grande sensibilità"
Dal volley al calcio e viceversa, De Giorgi ha commentato anche il cambiamento di mentalità che si è visto nello spogliatoio del Milan con l’arrivo di Massimiliano Allegri, e che si riflette nei risultati dei rossoneri: “Un allenatore che ha carisma ed esperienza, e ha avuto anche risultati, entra in uno spogliatoio portandosi dietro la sua storia e tutto quello che si è costruito a livello di credibilità. Poi però quello non basta, e se la deve giocare bene. Come si fa a riconquistare subito uno spogliatoio? Intanto devi conoscere bene le problematiche esistenti; dietro ci deve essere uno studio degli equilibri ed è importante fare subito una diagnosi corretta per non perdere tempo a cercare soluzioni. E poi bisogna saper entrare con grande sensibilità. Da una parte puoi sfruttare quella che è la reazione che può avere la squadra quando c’è un cambio di allenatore, perché è come se si ‘resettasse’ qualcosa anche nei giocatori, ma dall’altra ci sono degli equilibri importanti che almeno inizialmente non vanno toccati: meglio una parola di meno che una in più, perché non si può tornare indietro”. Il tema dei “talenti”, poi, non cambia da uno sport all’altro: “I talenti sono sempre un grande stimolo per gli allenatori. Ne ho sentiti tanti, di coach, nella pallavolo dire ‘Questo lo sistemo io…’. La verità è che ci sono giocatori che hanno delle caratteristiche abbastanza impegnative e un allenatore deve non solo giudicare, ma anche aiutarlo a entrare in una dinamica di squadra; non è facile, ma non deve mai rinunciare a farlo. Poi l’allenatore oggettivamente arriva fino a un certo punto, il salto di qualità lo deve fare il giocatore”.
"Per rivincere devi toglierti la medaglia dal collo"
Ma il mestiere dell’allenatore impone di possedere anche doti di motivatore, forse ancora più per una squadra che ha già vinto. “La grande sfida nel mondo dello sport, sia per chi gioca che per gli allenatori, non è tanto vincere, perché alla vittoria si può arrivare e anche in diversi modi; la cosa più complicata è rivincere. Ci vuole una grande umiltà per riuscirci: devi proprio toglierti la medaglia, sfilartela dal collo. È il motivo per cui pochissime squadre rivincono: non è facile ricreare la fame e avere voglia di migliorarsi ancora, di mettersi nuovamente davanti ai propri limiti. Quando mi chiedono come abbia fatto a vincere cinque Mondiali, io rispondo sempre: ‘Uno alla volta’”.
"Quei maledetti 5 centimetri mancanti..."
Non sono mancati poi aneddoti personali, anche curiosi e divertenti, che De Giorgi ha ripescato dalla sua storia, fin da quando era giocatore: “Quando ho iniziato ero talentuoso ma piccolino di statura, per cui giustamente mi dicevano che non sarei arrivato ad alti livelli perché mi ‘mancavano i centimetri’. Era una parte di verità, ma non tutta la verità. Quella cosa mi ha dato lo stimolo per cercare di raggiungere il mio sogno. Pensavo: “Non saranno quei 5 centimetri a fermarmi…”. Cinque centimetri che si possono ritrovare nella vita di tutti noi: a volte, ci insegna De Giorgi, per superare le difficoltà bisogna andarsi a cercare quei 5 centimetri che mancano: che possono essere di personalità, di tecnica, di testa o di altro. “Molte volte – conclude De Giorgi – le persone guardano quello che manca e non quello che c’è, si fanno colpire più dai difetti che dalle qualità”.
"Messaggi importanti? Meglio con un gatto..."
Infine, tanti anche i momenti divertenti come quando il Ct ha “presentato” la sua gatta, Grace, che può vantare di aver già vinto due medaglie (“Ho fatto le prime convocazioni che era piccolissima: una volta mentre scrivevo il nome di un giocatore al computer mi ha fatto ‘miao’ e allora mi sono fermato, pensando fosse un segnale. Poi però l’ho chiamato lo stesso…”, confessa ridendo) e che lo accompagna spesso sui social. E De Giorgi svela perché: “Dopo essere stati ricevuti da Mattarella ho fatto un post sui social e ho avuto 450mila visualizzazioni. Poi ho postato la foto di Grace con la medaglia e ne ho fatti 2 milioni e mezzo. O abbiamo un problema istituzionale oppure significa che quando voglio mandare un messaggio è sempre meglio farlo con una foto della gatta…”.