In un'intervista a "Four-Four-Two" l'asso brasiliano svela i motivi che lo portarono a rifiutare il trasferimento dal Milan al Manchester City nel 2009. "Era tutto fatto, mancava solo la mia parola"
Kaká e quella che può essere definita la sliding door della sua carriera calcistica. 2009, ritorno al passato: era appena cominciata l'era degli sceicchi del Manchester City e il primo della lista era proprio il fuoriclasse brasiliano del Milan. "Non si vende Kaká" intonava San Siro, eppure Berlusconi aveva già detto sì all'offerta monstre per il suo gioiello. E anche Kaká sembrava convinto. Poi... Cosa successe, l'ex 22 rossonero lo racconta nel prossimo numero di Four-Four-Two, in uscita a novembre e del quale un estratto è stato pubblicato online: "La trattativa era ormai quasi conclusa, l'unica cosa che mi separava dal City era la mia parola. Si era arrivati all'accordo sulle cifre: avrei guadagnato molto di più che al Milan. Però continuavo a chiedermi come sarebbe stata la mia vita in Inghilterra, come sarebbe cambiata la mia routine, quali le difficoltà per la mia famiglia. E tutti questi pensieri continuavano a vorticarmi in testa".
"Il progetto-City non mi convinceva"
Ma, soprattutto, era un altro l'aspetto che non convinceva molto Kaká. "Non sapevo dell'interesse del City fino a quando non fecero la loro offerta ufficiale al Milan. Sono andati direttamente dal club. Sono arrivato alla conclusione che non era il momento di trasferirmi lì e la ragione principale è stata l'incertezza sul progetto di costruzione della squadra in atto". In quel momento, Kaká preferì "un porto sicuro": "Non mi era chiaro come sarebbe stata formata la squadra e non ero convinto che funzionasse. Avrei dovuto lasciare uno dei club più vincenti in Europa per una squadra che era solo all'inizio del suo progetto, nella quale sarei stato il primo big. Era più sicuro restare al Milan".