Coccodrilli e trenini: gli schemi su punizione più pazzi di sempre

Calcio

Vanni Spinella

Coccodrilli, trenini, barriere inginocchiate: solo un assaggio di ciò che potreste incrociare oggi su un campo di calcio in occasione di una "normale" punizione. Tutta colpa dell'evoluzione del calcio

C’era una volta il calcio di punizione. L’arbitro fischiava e indicava il punto, contava i passi e sistemava la barriera, senza segnare la linea con lo spray. Poi si girava e la barriera iniziava a “camminare”, caro vecchio trucco del mestiere. Intanto il giocatore incaricato del tiro aggiustava la palla sul punto di battuta, cercando la valvola prima di poggiarla a terra. Fischio dell’arbitro, ricorsa, tiro. Che banalità!

Trenini e coccodrilli

L’evoluzione del calcio ha reso anche la punizione, o la “palla ferma” in generale, un tema degno di riflessioni notturne da parte degli allenatori. D’altra parte si tratta di una situazione piuttosto rara in cui la squadra ha il pieno controllo delle variabili in gioco e sarebbe dunque sciocco non provare ad approfittarne nascondendo agli avversari le proprie reali intenzioni. Nascono così alcuni storici bluff, come il trenino di giocatori che prendono la rincorsa e non sai bene quale calcerà davvero o come l’uomo nascosto dietro alla barriera, pronto a sbucare fuori all’improvviso per ricevere il passaggio corto di chi pareva volesse tirare in porta (Zanetti fece addirittura un gol al Mondiale, così, contro l’Inghilterra). Di conseguenza, anche chi difende si è dovuto attrezzare e in questa corsa a chi è più furbo siamo giunti finalmente al “coccodrillo”, ossia l’uomo sdraiato dietro alla barriera in modo da permetterle di saltare per “allungarsi” senza il rischio di farsi infilare sotto da una palla rasoterra. In attesa di vedere quale contromossa verrà ideata per annullare il coccodrillo, cosa ne dite di un ripasso degli schemi più fuori dagli schemi?

Breve storia del coccodrillo: nel tempo i tiratori di punizioni diventano sempre più abili a scavalcare le barriere, che allora rispondono saltando al momento della battuta. Alcuni giocatori (Ronaldinho, Pirlo, Messi...), a loro volta, replicano iniziando a calciare rasoterra, mentre la barriera è in volo. La contro-contromossa è il "coccodrillo" di Brozovic. Semplice evoluzione della specie

La barriera supplementare in ginocchio

Schema d’attacco, ovviamente, anche perché dopo aver decantato i vantaggi di una barriera in grado di alzarsi serena perché c’è un coccodrillo che le copre i piedi, avrebbe ben poco senso proporne una dimezzata. I due volontari che si piazzano in ginocchio davanti alla vera barriera sono dunque due compagni di squadra di chi sta per tirare. Quale valore aggiunto possano portare dal punto di vista tattico non è ben chiaro: molto probabilmente qui si entra nel campo della psicologia più raffinata e lo scopo è semplicemente quello di distrarre il portiere, che mentre si chiede il perché di quella follia si ritrova già battuto. È successo nella partita tra Roasso Kumamoto e Yokohama, in cui peraltro il giocatore che calcia, Toshihiro Matsushita, la piazza così precisa nel sette da lasciarci pensare che forse avrebbe segnato anche senza gli inginocchiati. Ma l’arte non si discute. E poi considerate che in Austria c’è chi ci ha provato con meno fortuna: provate a immaginare lo stesso schema, ma con palla calciata rasoterra… Fa male, eh?

Tutti in barriera davanti alla porta

È successo davvero, nel corso di Bayer Leverkusen-Hertha Berlino. Punizione a due in area per i padroni di casa, sotto 0-2: l’occasione di riaprire la gara è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Lo sanno bene anche i giocatori dell’Hertha, però, che si rintanano tutti e undici – contateli, ci sono proprio tutti – sulla linea di porta, a formare una muraglia che si rivela impenetrabile. Per il Bayer segnare diventa così impossibile, nonostante più tentativi: prima Bellarabi tocca corto per Bailey, che centra la barriera (difficile fare diversamente), poi ancora Bailey, che raccoglie la respinta e calcia di nuovo, infrangendosi sempre sul muro biancoblu. A quel punto ci prova Volland, alzando leggermente la mira: traversa! E non va meglio ad Alario, che si getta a peso morto di schiena sperando in qualche rimpallo favorevole. Neanche un pullman parcheggiato sarebbe stato più efficace.

Il finto litigio prima di calciare

In sei sul pallone, in due con tutta l'aria di voler calciare. Tira il destro o il mancino, il destro o il mancino?, si chiede il portiere. La verità è che non tirerà nessuno dei due: prenderanno la rincorsa contemporaneamente, per poi fermarsi all'improvviso, guardarsi negli occhi e girarsi come se nulla fosse (ma c'è anche chi ha studiato la variante con il finto litigio tra i due, per rendere il tutto ancora più spettacolare). Poi, tra i due litiganti, il terzo calcia. Un insospettabile accanto al pallone disegna da fermo la parabola perfetta, quando gli avversari sono frastornati e stupiti. O magari loro stessi incuriositi da come andava a finire.

La barriera smutandata

Se le abbassò Plasmati, alzando un polverone. Gesto antisportivo, mancanza di fair-play, falla nel regolamento: se ne sentirono di ogni, dopo quel Catania-Torino finito 3-2 con rete decisiva di Mascara su calcio di punizione. Un gol che sarebbe passato inosservato se non fosse stato per la trovata di Gianvito Plasmati, intrufolatosi nella barriera avversaria per ostacolare la visuale del portiere, che per svolgere al meglio il suo compito si inventa un mini streaptease: pantaloncini leggermente abbassati, mutande in vista, palla in gol alle spalle di Sereni. E visto che l'allenatore di quel Catania era Walter Zenga, maniaco dei calci piazzati sempre alla ricerca di nuove soluzioni, qualcuno gridò immediatamente allo schema. Collina deciderà di introdurre l'ammonizione per gli eventuali imitatori (dato che prima di quella gara nel regolamento non si faceva cenno alla possibilità che un giocatore si abbassasse i pantaloncini), qualcuno parlerà di mancanza di rispetto verso gli avversari e il pubblico, Plasmati si difenderà dietro un "È stato un gesto goliardico". Mette tutti d'accordo il portiere Sereni: "Le mutande di Plasmati? Non me ne sono neanche accorto".

Trenini in partenza e in arrivo

Il vecchio schema del trenino, poi, è stato rielaborato in tutte le salse, su calcio di punizione e su calcio d'angolo, in difesa e in attacco. Trenino su punizione: in cinque si piazzano sul punto di battuta, dietro al pallone, in fila ordinata. Poi uno alla volta, al fischio dell'arbitro, superano il pallone fintando il tiro e scansandosi per far posto a quello dietro, fino ad arrivare all'ultimo della fila, che è bene che si ricordi di calciare sul serio. Una variante prevede che calci un vagoncino a sorpresa in mezzo al trenino, e non per forza l'ultimo: troppo facile, altrimenti! Trenino su corner: un solo giocatore (per fortuna) alla bandierina, gli altri all'altezza del dischetto del rigore che gli corrono incontro, in fila. Palla battuta rasoterra verso il primo, che se la fa passare tra le gambe, arriva il secondo e fa lo stesso, il terzo idem, il quarto invece deve essere bravo a girarla di prima intenzione mettendola all'angolino, altrimenti lo schema non riesce bene. Anche se pare che, se la difesa sta a guardare come in questo caso, funzioni anche senza i tre auto-tunnel precedenti.