Silvio Berlusconi e i suoi allenatori: da Sacchi a Palladino, le battute più celebri
Allenatore, in fondo, lo era stato anche lui. Dell’Edilnord, come commentava con sarcasmo Liedholm, il suo primo “mister” al Milan, con cui erano frequenti frecciatine e scambi di battute. Tutto a causa dell’irresistibile tentazione di Berlusconi di dare consigli tattici ai suoi allenatori: dal "sarto inadatto" Zaccheroni al "testardo" Leonardo, passando per il "cantante" Tabarez. Con Ancelotti, invece, il diktat delle due punte
- "Il gioco che fa non è funzionale al gol”, l’appunto fatto da Berlusconi a Liedholm. “Lui molto bravo, capisce di calcio: è stato allenatore dell'Edilnord”, la celebre battuta in risposta del Barone. Che conteneva però una verità. Berlusconi aveva veramente allenato.
- Parliamo degli anni Sessanta, Berlusconi era ancora “solo” un imprenditore edile amministratore della società di costruzioni Edilnord. Torrescalla era invece un collegio dell’Opus Dei che aveva una sua squadra di calcio. Berlusconi ci aveva messo lo sponsor, trasformandola nella Torrescalla-Edilnord, e aveva reclutato giocatori attraverso un annuncio sulla Gazzetta dello Sport
- Allenatore Marcello Dell’Utri, in squadra c’è anche il fratello di Silvio, Paolo, che gioca punta centrale e "segnava caterve di gol", come ha sempre detto di lui il Cavaliere. "Giocavamo con il libero", raccontò nel 2013, al Guerin Sportivo, Massimo Nava, ex giocatore di quella squadra e oggi noto giornalista. "I modelli di riferimento erano l’Inter di Herrera e il Milan di Rocco, per cui tante palle calciate in avanti e poi si correva". Finché Silvio non “esonera” Dell’Utri e si mette in panca…
- Ma torniamo a Liedholm. Allontanato nel 1987, Berlusconi “inventa” Arrigo Sacchi, scoperto in un match di Coppa Italia in cui il suo Parma aveva vinto a San Siro. È l’inizio di una nuova era, per il Milan e per tutto il calcio italiano
- Sacchi non conquista immediatamente la squadra, con i suoi metodi. Prima di diventare il “Profeta di Fusignano” impiega qualche mese, ma decisivo è l’intervento di Berlusconi che lo difende e lo conferma davanti ai giocatori, convocati tutti insieme dopo i primi insuccessi. “Sacchi è l’allenatore che ho scelto io e resterà anche l’anno prossimo. Di voi, invece, non so chi resterà”
- Dopo gli anni di Sacchi, Berlusconi “reinventa” anche Fabio Capello, in quel momento dirigente della Polisportiva Mediolanum con una scarsa esperienza in panchina. Quando nel 1991 Berlusconi lo sceglie personalmente per il dopo-Sacchi, in tanti sospettano si tratti di uno “yes man” al quale poter dettare la formazione...
- Negli anni abbiamo imparato a conoscere bene il carattere e il carisma di Don Fabio, che schiera Savicevic sulla fascia sinistra nonostante Berlusconi lo voglia vedere dietro alle punte… E anche con lui il Milan si conferma ai vertici del calcio mondiale
- “Tabarez chi? Sembra un cantante di Sanremo”. Reduce dall’ottima esperienza alla guida del Cagliari, l’allenatore uruguaiano viene smontato con questa battuta da Berlusconi, che non è mai stato un estimatore. E infatti sulla panchina del Milan durerà appena 11 giornate.
- Tabarez ricorderà quell'avventura con questa battuta: "Il Milan di Silvio Berlusconi è condannato a vincere: se non vince, è condannato l'allenatore"
- Nemmeno Zaccheroni è tra i preferiti di Berlusconi, ma gli porta uno scudetto insperato e Silvio deve “accettarlo”. Non senza essersi preso parte del merito. “Ho insistito io per la svolta, suggerendogli Boban dietro alle punte”.
- Di Zac non sopporta il modulo (difesa a 3 e tridente puro), prova a imporre difesa a 4 e trequartista, ma alla fine opta per la soluzione più semplice: licenziamento in diretta tv, dopo un’altra delle sue battute più celebri: "Zaccheroni potrebbe non essere il sarto adatto per la stoffa di qualità che ha sottomano"
- Subentra, in coppia con Tassotti, dopo l'esonero di Zaccheroni. Un breve periodo, in cui fa in tempo a vincere il famoso derby del 6-0 contro l'Inter. Un monumento del Milan, tanto che non si ricordano "rimproveri" da parte del presidente nei suoi confronti
- Con il suo gioco aveva stuzzicato la fantasia di Berlusconi, che lo accoglie così: “Noi all'allenatore chiediamo di divertire i milanisti e i non milanisti e di vincere magari qualcosa”. Missione fallita dopo pochi mesi, nonostante un entusiasmante derby vinto
- Un altro grandissimo della panchina del Milan, già giocatore di Berlusconi “imposto” da Sacchi (il presidente non si fidava delle sue ginocchia malandate). Anche con lui, grandi vittorie e grandi discussioni tattiche. Berlusconi rivendica la paternità degli schemi che hanno portato alla vittoria della Champions 2003, poi nel 2004, quando Ancelotti schiera il 4-3-2-1 (l’albero di Natale), impone le due punte. "Manderò una lettera: da lunedì qualsiasi tecnico del Milan sarà obbligato a giocare con almeno due punte. Non è una richiesta, è un obbligo".
- Infine la stoccata finale nel 2009, poco prima dell’addio di Carletto: "Se quest’anno non abbiamo vinto lo scudetto è solo colpa di Ancelotti. Con gli uomini che abbiamo potevamo tranquillamente tenere testa all’Inter"
- Sempre in quegli anni, celebre un'altra uscita di Berlusconi: "Si parla del Milan di Sacchi, di Zaccheroni e di Ancelotti e non si parla mai del Milan di Berlusconi. Eppure sono io che da 18 anni faccio le formazioni, detto le regole e compero i giocatori. Sembra che io non esista".
- Il brasiliano è il tipo che piace a Berlusconi: giovane, bella presenza, ottima dialettica. Prima lo sceglie e poi lo critica, però: "La squadra quest’anno ha giocato male. L’allenatore l’ha schierata in un modo che non sempre mi è piaciuto. Ma lui è testardo e ha voluto fare sempre di testa sua". Aggiungendo: “Se avessi fatto l’allenatore avrei vinto lo scudetto con 5-6 punti di distacco". Sull’Inter del Triplete.
- Una battuta, poche parole, una sentenza. Usando il dialetto veneto in modo scherzoso Berlusconi lo liquida così, dopo una partita contro il Barcellona: “Allegri no el capisse un casso”.
- Anche lui gli porta uno scudetto, ma il presidente vuole anche il bel giuoco: “Sul possesso palla ancora non ci siamo. Quest’anno l’ho visto fare in una sola occasione. Servono allenamenti precisi”
- Anche lui scelto personalmente e poi criticato apertamente con una battuta uscendo dall'Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, al primo giorno di servizi sociali: “Ho incontrato tante persone che potrebbero tenere in mano lo spogliatoio del Milan”
- Allenatore degli Allievi Nazionali, poi della Primavera, promosso in prima squadra con la volontà di affidare il Milan agli ex milanisti. Esonerato dopo un anno, in cui Berlusconi se ne esce con battute tipo: "Andrei anche più spesso a Milanello, ma se poi non fanno quello che dico…".
- L’addio per una questione di giovani: "Abbiamo chiesto che giocassero i giovani, mettendone uno alla volta, una richiesta rimasta inevasa. Inzaghi ha un bellissimo rapporto con il gruppo ma abbiamo avuto visioni diverse in tante occasioni".
- Con Sinisa lo scontro è abbastanza duro fin da subito. Due personalità forti, nessuno è disposto a cedere. L’amore non sboccia mai.
- Dopo una visita alla comunità terapeutica di Trivigliano, Berlusconi dice ai ragazzi: "So che domenica avete incontrato a Fiuggi i giocatori del Milan prima della partita col Frosinone. Spero che gli abbiate detto come si fa a vincere. Fortuna che voi avete Padre Matteo come allenatore"
- Chiude lui la stagione di Mihajlovic, promosso dalle giovanili, e poi accantonato. Ma Berlusconi si ricorderà nuovamente di lui da numero uno del Monza, tanto che Brocchi si guadagnerà l’etichetta di “cocco del presidente”
- Anche con lui il modulo senza trequartista è fonte di scambi di vedute e “consigli” presidenziali. “Montella sbaglia, la squadra non va”, sentenzia Berlusconi. Resterà comunque l’ultimo allenatore in grado di regalargli un trofeo, la Supercoppa italiana 2016
- Diventato presidente del Monza, Berlusconi si ritrova in panchina Zaffaroni: non l'ha scelto personalmente, e infatti lo esonera dopo poche partite. Sceglie Brocchi, poi Stroppa: due ex milanisti. Ma è con Palladino che il Monza inizia a volare. E' la sua ultima grande intuizione calcistica