Il gruppo conta più delle stelle, lo spirito più di un semplice nome: è così che il Camerun ha sorpreso tutti e si è guadagnato la finale della Coppa d'Africa contro l'Egitto
Succede che a volte, nemmeno te lo aspetti, ma il calcio, lo sport e un torneo riservano a tutti una bella lezione di vita. Succede che a volte, come nelle migliori sale da cinema, un gruppo in cui non credeva nessuno supera tutti gli ostacoli e raggiunge un sogno quasi insperato.
Nella Coppa in cui sembra impossibile fare pronostici, il Camerun è tornato a sorprendere: dopo il Senegal, ne ha fatto le spese un'altra big, il Ghana, che arriva sempre in fondo, c'entra da sei edizioni la semifinale, ma sono 35 anni che la Coppa d'Africa non la alza al cielo.
Ha vinto il Camerun e ha vinto il carattere dei ragazzi di Hugo Broos, ct belga che è riuscito a forgiare un gruppo solido, unito e capace di tutto. Senza grandi stelle, per rinunce a priori o per scelta tecnica (vedi in panchina N'Koulou, N'Jie e Aboubakar), a vincere è lo spirito, la forza, la volontà di una nazionale - nomen omen - indomabile.
Matip (Liverpool), Choupo Moting (Schalke 04), Nyom (WBA), Poundje (Bordeaux), Anguissa (Marsiglia), Amadou (Lille), Onana (Ajax), Assembe (Nancy): non è una sequenza di nomi a caso, è la lista dei giocatori che hanno detto NO a questo Camerun. Oggi chi li ringrazia sono gli Ngadeu (difensore centrale al secondo gol in questa Coppa) e i Bassogog, talenti lanciati alla ribalta e ora sulla bocca di tutti. Chissà cosa penseranno a casa i rinunciatari: adesso lo sanno, ecco quello che si sono persi. Alla conquista dell'Africa c'è un gruppo che ha scelto di dimostrare come l'anima e lo spirito contino più di un semplice nome.
Domenica la finale con l'Egitto, imbattuto da 24 partite (Febbraio 2004) e mai sconfitto in una finale di Coppa, nemmeno dallo stesso Camerun (nel 1986 e nel 2008). L'oro è lì ad un passo: in cima alla piramide, il sogno di due popoli.