Ronaldinho, il ritiro è ufficiale: 11 momenti indimenticabili della sua carriera

Calcio

Marco Salami

Un altro campione lascia il mondo del calcio. Ronaldinho è stato tra i talenti più puri che questo gioco abbia mai visto, ripercorriamo i momenti più belli della sua carriera tra gol, giocate e spot. Il giorno che il Bernabeu si alzò ad applaudirlo, quel capolavoro contro il Chelsea, il primo gol al Milan nel derby e l’ultima magia in Brasile: storia di un campione straordinario

RONALDINHO SI RITIRA, A LUGLIO LA PARTITA DI ADDIO DOPO IL MONDIALE

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Ci mancherà Ronaldinho. Ci mancherà terribilmente quel talento tra i più puri che abbiano mai calpestato un prato verde, la classe cristallina come mai nessuno, giurerebbero in molti. Quasi senza allenamento, no, lui non era fatto per scatti, ripetute e navette. Lui voleva il pallone, il suo migliore amico, col quale si dava del tu fin da bambino, giocando scalzo in qualche campetto abbandonato. Lui voleva il divertimento, l’allegria, "Juega con alegría. Juega libre" era il suo motto, e quello del suo sponsor tecnico. Il più grande lascito di Ronaldinho al calcio è questo: giocate, amatelo, divertitevi. È semplice, e basta un pallone. Già, semplice fino a un certo punto, perché le cose che sapeva fare lui le hanno fatte in pochi, ma Ronaldinho ha dato qualcosa in più: le ha sempre fatte col sorriso addosso, quasi fosse un marchio di fabbrica, dalle pubblicità in tv ai campi. Che bello veder giocare Ronaldinho. C’era tutto nel suo repertorio, qualsiasi mossa era la sua, e quanta eleganza nei movimenti. Sì, perché per lui ogni partita era un dono, e non solo. Lo era anche il riscaldamento: Ronaldinho, l’unico uomo a rendere il pre partita anche più interessante della partita stessa, col pubblico a San Siro che anticipava di mezz’ora la presenza al proprio posto per vederlo giocherellare col pallone, quasi fosse un giocoliere dal talento inarrivabile. Poi le magie in campo, Psg, Barcellona, Milan e la maglia della nazionale brasiliana. Con la Seleção al Mondiale del 2002 nei quarti di finale contro l’Inghilterra disegna una traiettoria su punizione da far ammattire i manuali di fisica. Praticamente un capolavoro, ed è solo l’inizio di un fenomeno da Pallone d’Oro, che giocava solo per un fine, un fine che era poi il gioco stesso, quello più bello del mondo, il calcio, e per renderne omaggio ogni giorno.

1- La punizione magica (Inghilterra-Brasile)

È il 21 giugno del 2002, e nei taccuini degli osservatori sportivi di tutta Europa il nome di Ronaldinho è segnato in rosso, sottolineato e con tanti di quei punti esclamativi da fare venire il mal di testa. Il nome completo è quello Ronaldo de Assis Moreira, ma per tutti è Ronaldinho o Ronaldinho Gaúcho. Dopo gli esordi in Brasile al Gremio è il Psg a fare il colpaccio e a fare sbarcare in Europa uno dei talenti più puri di sempre. Il primo anno in Francia gioca 28 volte, e segna 9 gol, e tutto quel talento comincia a emergere, ma non vince. Ed proprio il Mondiale del 2002 a farlo conoscere al mondo. Brasile in cima al pianeta calcio, battendo 2-0 in finale la Germania, ma il simbolo di quei verde-oro è l’altro: Ronaldo, il Fenomeno, che presto vincerà anche il Pallone d’Oro. Ma c’è anche Ronaldinho in quella squadra da sogno. Eccome se c’è. Sempre titolare, in cinque partite su sei. Salta solo la semifinale per un rosso diretto rimediato proprio in quei quarti contro gli inglesi, la partita della sua magia. La punizione è dalla tre quarti di campo, buona praticamente solo per un cross al centro, ma i piedi sono quelli del Gaúcho, e la traiettoria sembra telecomandata. David Seaman abbozza l’uscita e viene scavalcato, palla all’incrocio: 2-1 Brasile, pass staccato per la semifinale e l’esultanza con la maglietta blu addosso. Già, ora proprio tutti conoscono Ronaldinho.

2- La difesa impazzisce (Guingamp-Psg)

C’era davvero da perderci la testa ad essere un difensore che doveva marcare Ronaldinho, ma, nessun problema di solitudine: visto che spesso erano più di uno quelli incaricati a seguire il brasiliano. E tutti con gli stessi risultati. Chiameteli birilli o chiamateli "conetti", Ronaldinho li saltava tutti con la stessa facilità. Al Psg il suo terzultimo gol in Francia è un capolavoro dell’arte del dribbling, quella che sentiva sua più di chiunque altro. Tocco sotto il pallone per saltare l’avversario, accelerazione, doppio passo e altro scavetto a battere il portiere. Quello contro il Guingamp è il gol dell’anno della Ligue 1 2002-03, e lui chiude la sua avventura in Francia - popolo da sempre amante dell’arte e, dopo quei due anni, anche della sua di arte - senza mettere in bacheca alcun trofeo. 69 presenze e 22 gol il bottino, e un numero di espressioni incredule lasciate sui volti dei tifosi della capitale praticamente incalcolabili.

3- Debutto e golasso (Barcellona-Siviglia)

L’estate del 2003 è uno snodo fondamentale di tutto il calcio che verrà nei cinque anni successivi. Un mare di trattative dove i principali club europei hanno provato a fare la storia. Su Ronaldinho c’erano in molti, compreso il Milan in Italia, da sempre affascinato - per filosofia personale - ad un talento come lui. Ma occhio: anche Real e Barça, ovvio. E in Inghilterra fanno capolino Manchester United e Chelsea. A vincerla sono proprio i blaugrana, che staccano 30 milioni di assegno per il mago di Porto Alegre. Nel frattempo il Real sceglie la superstar Beckham, al Chelsea ci finisce Damien Duff; mentre Milan e United investono su due giovani ancora poco conosciuti, tali Kaka e Cristiano Ronaldo. La presentazione davanti al Camp Nou è spettacolare: è il 3 di settembre e contro il Siviglia segna il suo primo gol, quello che poi tornerà sempre nelle sue pubblicità e nei filmati che girano per la rete: doppio dribbling e bolide da trenta metri. Traversa e gol, con tutti in Spagna che impazziscono. Telecronisti senza voce, pubblico in visibilio. Ronaldinho è uno spettacolo vivente.

4- Finta, finta, punta: gol (Chelsea-Barcellona)

Sembrava quasi stesse giocando a biliardo quel giorno Ronaldinho. La stagione è quella 2004-05, quella del suo primo titolo in Europa: la Liga in Spagna. Eppure negli annali ci finisce una giocata che solo lui avrebbe potuto firmare, in una Champions League che alla fine non vincerà. Tutt’altro, la corsa blaugrana quell’anno si fermerà ai quarti, contro il Chelsea, ma la cartolina a tutti gli amanti del calcio - quello puro e giocato prima per il talento, e poi per tutto il resto - la manda Ronaldinho. Il pallone è al limite dell’area e contro c’è tutta una difesa schierata. Non c’è spazio per far nulla se non inventare qualcosa. Lui segna dal posto, senza rincorsa e con la biglia ferma: buca, a fil di palo. Con Cech quasi imbarazzato dal non poter nemmeno abbozzare una parata. D’altronde, come puoi parare un tiro del genere? E come puoi anche soltanto pensare che da quella situazione qualcuno possa inventarsi un gol così? Lui poteva, eccome se poteva Ronaldinho. Già, soltanto lui.

5- El día que el Bernabéu aplaudió a Ronaldinho (Real Madrid-Barcellona)

Ci sono giorni che rimangono nella storia, nella memoria collettiva di un gioco che poi solo un gioco non è. Ci sono i trofei e le finali, quelle che rimangono per forza di cose impresse nella mente. Il 19 novembre 2005 è una di quelle date, perché sì, di Clasico ce ne saranno anche stati molti, ma di volte in cui tutto il Bernabeu ha applaudito un giocatore del Barcellona molte di meno. Maradona prima, Iniesta dopo, in mezzo: Ronaldinho. Quella notte la partita finisce 0-3, in una Liga che il Barça vincerà con 12 punti di margine. In casa dei nemici Ronaldinho fa due gol talmente belli da far battere le mani anche ai tifosi blancos. Nel secondo gol, saltando mezza squadra e mettendo il pallone in rete, è un esempio la faccia di Casillas: sconsolato, non guarda nemmeno la palla finire in porta, lo sa che ci finirà, con gli occhi di chi sembra chiedersi: “Come sarà mai possibile fermare uno così?”

6- Il gol più bello è stato un passaggio (Milan-Barcellona)

Non si farà certo problemi Eric Cantona se prendiamo in prestito una sua citazione, dopotutto in quelle pubblicità Nike griffate dallo slogan “Joga Bonito” c’era anche lui, insieme proprio a Ronaldinho. Nel celebre film “Il mio amico Eric” è proprio Cantona a spiazzare il suo interlocutore, nel mezzo di un dialogo sul calcio, dicendogli come il suo gol più bello sia stato, in realtà, un passaggio. Già, e se la gloria Mondiale il Gaúcho l’aveva già toccata col Brasile, è sempre nella stagione 2005-06 che tocca anche l’apice europeo: la Champions League. In quella stagione del doblete lui di gol ne fa 26, ma zero tra semifinali e finale. In compenso c’è quel passaggio, a far male al suo futuro prossimo. A San Siro c’è un Milan reduce dalla Champions vinta nel 2003, dalla finale persa nel 2005, e che rivincerà quella coppa l’anno dopo, nel 2007. Ma non quell’anno, quello è l’anno di Ronaldinho. In finale c’è l’Arsenal di Henry, ma chi alzerà veramente il trofeo sembra uscirà direttamente da quella doppia sfida sul volo Milano-Barcellona. Decide un gol, uno solo in 180 minuti, e lo segna Giuly sulla magia di Ronaldinho. Il minuto è il 57, Gattuso è in marcatura sul brasiliano, una finta e uno scivolone, l’otto del Milan gli si scolla di dosso per qualche secondo, un paio forse tra tutte le due partite, ma tanto basta a Ronaldinho per alzare la testa e inventare un passaggio che vale tutta la Champions League.

7- Spot (Brasile-Portogallo)

Ci sarebbero tanti altri gesti tecnici da raccontare di Ronaldinho al Barcellona, come la rovesciata contro il Villarreal, o quella contro l’Atletico Madrid: un canto del cigno esemplare per il suo ultimo gol di sempre con la maglia blaugrana addosso. Già, le giocate e i gesti tecnici, quelli che fanno di Ronaldinho un dio in terra del pallone, e alla creazione di una sua figura mistica partecipa anche la Nike, che lo rende protagonista di tutti quegli spot che non puoi che guardare col sorriso stampato in viso. In un fittizio Brasile-Portogallo delizia la televisione con quello che sarà il suo gesto più famoso: l’elastico. Un dribbling mozzafiato. Quasi come un omaggio moderno a quell’arte "jinga" che la generazione di Pelé aveva regalato al calcio. Oppure le traverse. Reale o finzione? Quando, in un famoso video, Ronaldinho inizia a palleggiare e colpisce il legno quattro volte senza mai far toccare terra al pallone. Già, la traiettoria qualche dubbio lo lasciava, ma probabilmente - nella realtà - Ronaldinho sarebbe stato capace di fare anche meglio.

8- 80 voglia di Dinho (presentazione, stadio San Siro)

Il sogno rossonero diventa realtà nell’estate del 2008: Ronaldinho è del Milan, per poco più di 20 milioni, e i tifosi si stropicciano gli occhi per l’incredulità. A Milano è sbarcato il più forte, Pallone d’Oro 2005, ma qualche problema fisico c’è. Ronaldinho ha saltato tutto il finale di stagione con il Barcellona, e il cento per cento della forma è lontano. Il numero 10, quello che per definizione spetta a uno della sua classe, è sulle spalle di Seedorf, altro a cui quel ruolo spetta ugualmente di diritto. Ronaldinho sceglie così l’80 sulla maglietta, cifra tonda come i gol finali: 10, meno di quelli ci si sarebbe attesi, ma soprattutto zero trofei. Già, perché Ronaldinho con il Milan non vincerà nulla.

9- Samba (Milan-Inter)

Non vince nulla, vero, ma che divertimento vederlo giocare e giocherellare col pallone. Il suo apice rimane in maglia blaugrana, lì era imprendibile. Perché oltre al talento cristallino c’era anche un’ottima forma fisica, quella che al Milan non avrà mai totalmente. Ma quando ha il pallone tra i piedi è uno spettacolo. Col pubblico a spostare di mezz’ora le lancette per la partenza allo stadio: anche il riscaldamento fa impazzire i tifosi, con numeri di prestigio neanche facesse l’illusionista di mestiere. Se poi al pre partita corrisponde anche la prestazione in campo, allora, c’è da uscirne di senno. Giorno, 18 settembre, derby di Milano. Ronaldinho sventaglia largo sulla destra per Kaka e segue l’azione in area. Il cross è pennellato e l’incornata da istantanea: gol, il primo, contro l’Inter. Pandemonio e danze. Sì, Ronaldinho esulta e balla la samba davanti agli 80 (come il suo numero) mila di San Siro. Perché dopotutto: giocare è allegria. Ballare è allegria. E Ronaldinho è pura allegria applicata al calcio.

10- Il 4-2-fantasia (Milan-Siena)

È un Milan che non vince quello di Ronaldinho, nonostante una quantità di campioni esorbitante in rosa. Vero, c’è l’Inter di Mourinho, che è ancora più forte e vincerà tutto nel 2009-10. Quello, per il brasiliano, è l’anno migliore. 15 gol in totale, leader assoluto di una squadra che finirà terza. Partita tra tante difficoltà e risorta con quell’invenzione tutta brasiliana di Leonardo, in panchina, e della coppia Ronaldinho-Pato in campo. Lo chiamavano 4-2-fantasia. Quattro in difesa, due a centrocampo, più tutti gli altri, tutti i giocatori più tecnici in campo seguendo anche e soprattutto l’istinto. Eppure c’è stato un momento in cui l’Inter del triplete sembrava davvero raggiungibile. La giornata era la numero 20, una prima del derby. L’Inter pareggia 2-2 contro il Bari e il Milan delizia 4-0 contro il Siena. Ronaldinho quel giorno fa tripletta, e spara un missile all’incrocio dei pali che fa tremare San Siro: che boato. Peccato poi che al derby della settimana dopo l’Inter vinca, riallungando di sei punti e tagliando fuori il Milan dalla corsa scudetto.

11- Ritorno a casa (Atletico Mineiro-Arsenal)

Ronaldinho dal Milan se ne va nel gennaio dell’anno dopo, partecipando a metà alla cavalcata scudetto del 2011. Ci penserà Ibra a quella squadra, anche lui passato in estate dal Barça per una cifra sui 20 milioni di euro. Da lì in poi la storia di Ronaldinho è quella del ritorno in Brasile: Flamengo, Atletico Mineiro, Queretaro (in Messico) e Fluminense. Cinque stagioni prima dell’addio definitivo. Amato da tutti, anche da chi poteva esserne rivale. Il Bernabeu lo ha applaudito, Maradona (che sarebbe argentino e quindi non troppo amico per natura) lo aveva definito tra i migliori di tutti i tempi. L’ultima magia è del 2013, in Copa Libertadores contro l’Arsenal. L’ennesima perla di un fuoriclasse che, nel frattempo, vince il Campionato carioca nel 2011 col Flamengo. E' vero, ci mancherà tantissimo Ronaldinho, ci mancheranno tutti quei suoi gol e il suo talento, gli elastici, le rovesciate e le sue punizioni. Ci mancherà vederlo sorridere in campo, perché - quando giocava lui - c’era solo una parola a fare da voce fuori campo alla sua storia: allegria. Contava quello: giocare a calcio con tanta, tantissima allegria.