10+10, il meglio di Del Piero e Totti per i 20 anni di Sky

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Alessandro Del Piero e Francesco Totti. 10 più 10 = 20, come gli anni di Sky. Per la prima volta insieme in uno studio televisivo dopo il ritiro dal calcio giocato, si raccontano al direttore di Sky Sport Federico Ferri, con l'emozionante introduzione di Federico Buffa. Le loro vite parallele, gli addii a Juve e Roma, la grande gioia del 2006: essere bandiere, essere capitani. Lo speciale disponibile on demand

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Due numeri 10, due capitani, due simboli, due leggende. Alessandro Del Piero e Francesco Totti. 10 più 10, che fa 20, come gli anni di Sky. Un compleanno da vivere con due fenomeni del pallone, intervistati dal direttore di Sky Sport Federico Ferri. E introdotti, così, dalle parole di Federico Buffa: "Quante volte nella nostra vita c'è capitato di sentire qualcosa di scomodo per gli amanti del calcio, ovverossia che, chi non ama il calcio o magari lo segue distrattamente, dice: "Beh, però, guadagnano così tanto, in fondo sanno tirare soltanto tre calci a un pallone"... No. No. Guardate i gol di questi due giocatori. È palese un dettaglio proprio di natura antropologica: è il loro senso geografico. Hanno un'idea geografica del loro corpo e hanno un'idea geografica del luogo che li circonda. Alessandro non ha nessun problema a dichiarare che di notte, quando segnava i goal alla Del Piero, il pallone lo vedeva quando era già partito. Ma lui geograficamente sa dov'è il suo corpo, sa dov'è la porta e si sa muovere di conseguenza. E guardate Francesco, guardate Francesco. Ha questo modo di abbassare il corpo per cercare l'equilibrio perfetto, ci sono dei gol che non potrebbe segnare, ma come i felini - e lui ha due appoggi soli - si coordina mentre è già in movimento per arrivare ad impattare perfettamente. Certo che poi ci vuole il sacrificio, certo che poi ci vuole la fase ossessiva, che è quella che genera i fuoriclasse. Certo che stiamo parlando di due dei primi 100 giocatori della storia del gioco, ma non vengono pagati così tanto (solo) perché sanno tirare tre calci. Vengono pagati così tanto perché appartengono a quel piccolo percentile di esseri umani che, senza che nessuno gliel'abbia insegnato, si possono muovere come artisti. Esatto. Come artisti. Come si diceva nell'Argentina del primo ‘900 i calciatori valgono, gli attori valgono, i musicisti sono artisti e quindi, essendo degli artisti, generano mondi immaginari, che sono quelli che guardiamo noi, che dirigono la nostra vita e che quindi completano il cerchio e diventano più reali del reale".

Vite parallele: avversari e amici

Dieci più dieci, venti, come i vent'anni di Sky Sport racchiusi in due vite e nelle parole di Federico Buffa. Due vite parallele, da bandiere di Juventus e Roma: "Con pochi anni di differenza abbiamo cominciato un percorso anche dopo il calcio praticamente insieme - racconta Alex Del Piero -, quindi anche oggi ci confrontiamo sui figli che hanno più o meno la stessa età, sulle vicissitudini che possiamo avere nel dopo carriera, sugli impegni e sulle opportunità. E questa è la parte più bella che poi ti rimane, no? Riuscire a ricordare e condividere ancora una volta dei passaggi storici, tanti di rivalità, per quello che eravamo e che siamo stati, ma il più bello di tutti è insieme ed è il Mondiale del 2006". Quindi compagni, avversari, ma amici: "Rivalità, ma calcistica - prosegue Totti, parlando delle loro due vite in parallelo -, vent'anni di calcio da avversari, ma col massimo rispetto, con la massima amicizia e con una cosa che poi ci accomuna, come ha detto Alex, nel 2006. Il 2006 è l'unica volta che siamo riusciti a giocare veramente insieme".

Come parlavano Totti e Del Piero da giovanissimi

Partiti da lontano, lontanissimo. Molto prima di essere campioni del mondo. Come quando erano due ragazzini che si confrontavano per la prima volta con un'intervista televisiva. Perché Francesco Totti e Alessandro Del Piero sono stati anche questo, i primi due campioni 'televisti'.

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Le prime interviste da giovani di Alex e Francesco

La rivalità che diventa complicità

E dopo aver rivisto loro stessi da giovanissimi, ci si tuffa nella loro storia. Di amicizia, certo, del trionfo tutto azzurro del Mondiale del 2006, ma anche come simboli di due squadre rivali: "Ero contento di quello che faceva Alex, ma pensavo prima di tutto a me stesso, e credo viceversa. A fare il meglio per la squadra, per la città, per la maglia - dice Totti -. Poi se lui faceva tre gol io ne facevo due, ero contento uguale". Del Piero: "Abbiamo vissuto un'epoca dove c'erano i migliori campioni al mondo, quindi la rivalità la vivevi ogni partita, anche con le piccole. Poi credo, col passare del tempo, che dalla rivalità si sia creata una complicità, perché capivamo mano a mano le responsabilità di essere diventati capitani delle nostre squadre. Cosa rappresentavamo per le rispettive squadre e per l'Italia, e come ci proiettavamo in Nazionale. È nato anche una sorta di affetto per quello che l'altro stava portando avanti". Una rivalità fatta di rispetto, alla Federer-Nadal, loro avversari per forza, Del Piero e Totti anche compagni: "Sì, c'è il rimpianto di non aver giocato più tempo insieme in Nazionale" - parole di Alex, a cui fa eco Francesco: "Pure per me". "Le qualificazioni del 2006 le avevamo fatte insieme - torna a raccontare Del Piero -, con lui un po' più centrale e un po' più defilato a sinistra. E nel 2006 credo sia stato l'anno dove Lippi, più di tutti, ha cercato di farci giocare insieme".

L'addio di Del Piero: "Non pensavo di vedere così tante lacrime"

Dopo il calcio giocato arriva il tempo dell'addio. Degli addii. Prima Del Piero, poi Totti. Sentitissimi. Diversi per alcuni versi e simili per altri: "Non pensavo di vedere così tanta gente piangere - dice Del Piero -. È stato incredibilmente bello". Poi entrambi toccano un tema a cui sono molto legati, il concetto di essere cresciuti insieme ai tifosi: "Sai - prosegue Alex -, con molti di quei ragazzi e con la Juve abbiamo fatto tutto, veramente tutto. Succede quando gente come me, come Francesco, come Maldini o come Zanetti passano così tanto tempo dentro una squadra, siamo cresciuti insieme e ed è stato un cordone che si è staccato nel quotidiano, ma che non si staccherà mai nella vita". Nonostante l'ultimo di Del Piero fu un anno complicato: "Sì, veramente difficile. Ma non avevo mai parlato con un'altra squadra per il futuro, non ci volevo quasi credere. Soprattutto, non volevo andar via senza aver vinto di nuovo. Pensavo che con Conte e Pirlo ci fosse la squadra giusta per fare qualcosa di straordinario".

L'addio di Totti: "Ho visto crescere i tifosi con me"

"Rivedere certe immagini ti fa quasi venire la voglia di rimetterti gli scarpini e rientrare in campo - è invece il commento di Totti su quel 28 maggio del 2017, la sua ultima con la Roma -. Tutto quello che abbiamo fatto, che io ho fatto per la Roma, per i tifosi - prosegue Francesco -, è un segno che rimarrà per sempre. Vedere alcune immagini, vedere le facce della gente, dei bambini, delle persone grandi ti fa capire che è come se li avessi visti crescere. Sono immagini che ti toccano. Vuol dire che in quegli anni ho fatto quello che la gente voleva che io facessi".

Totti e l'addio bis da dirigente: "Non mi sentivo parte del progetto"

Ma due figure come quelle di Del Piero e Totti possono essere state ingombranti per i rispettivi club? "Sì, lo siamo stati. Lo volevamo essere? No. Questa è la mia opinione" - dice Del Piero, che sul tema dei grandi campioni aggiunge: "Credo che le icone dello sport vadano cullate, non perché si meritano un trattamento speciale, ma perché sono speciali". Totti conferma: "Per quello che siamo stati sì, siamo ingombranti. Io l'ho capito soprattutto dopo il passaggio da calciatore a dirigente, ho capito che lo ero perché io non avevo la possibilità di esternare il mio parere. Secondo me dentro i club i calciatori ci devono essere". E ancora, sul suo addio bis alla Roma: "Erano mesi che pensavo di fare questo passo perché, come ho detto prima, non avevo, tra virgolette, credibilità. Non mi sentivo parte del progetto. Come si dice a Roma: 'facevo Romolo'. Giravo con la squadra, ero lì perché ero Totti. Pensavo che potessi essere una risorsa in più per la società, invece forse non ero pronto, oppure non mi facevano essere pronto…"

Del Piero commenta il divorzio Maldini-Milan

Il tema della bandiera che torna nel club della sua vita anche dopo il calcio giocato si lega, inevitabilmente, all'attualità e alla fine del rapporto tra Paolo Maldini e il Milan. Commenta Del Piero: "Ha dimostrato da dirigente di essere un vincente, una delle chiavi del successo del Milan dello scudetto è stata sicuramente la sua presenza. Certo, oggi il calcio non è come quando abbiamo iniziato noi, ha bisogno di molte più persone, di un'organizzazione diversa. Personalmente non conosco cosa sia successo; ma mi spiace molto per Paolo, perché io quando penso al Milan penso a Paolo Maldini".

La nazionale più forte che (non) ha vinto, Lippi e il gruppo del 2006

Un pezzo di comicità entrato nella storia, e "recitato" con indosso la maglia della Nazionale. Altro grande tema dei due grandi numeri 10. Insieme hanno vissuto il trionfo di Berlino. Ma qual è, al contrario, la più grande Nazionale con cui Del Piero e Totti non hanno vinto? "Tutte le altre - risponde Totti ridendo -, anche perché abbiamo vinto solo nel 2006". Poi Del Piero: "Forse nel 2002 è quella che ci ha dato più fastidio". E Totti: "Pure nel 2000 all'Europeo, era fatta, era l'ultima azione…" Storia diversa, e lo sappiamo, nel 2006: "Il segreto? C'è stato un mese e mezzo di rispetto - dice Francesco -. di amicizia, calore. Anche da parte di chi non giocava o giocava meno, c'era un'unione forte, si respirava". Meriti enormi di Lippi: "Che mi venne a trovare subito dopo il mio infortunio. 'Io ti aspetto fino alla fine perché voglio che tu giochi questo Mondiale' mi diceva. Da lì mi è scattata una molla interna, mi allenavo otto ore al giorno". Del Piero conferma: "Sono le persone a livello umano che fanno la differenza. E credo che la scelta di Lippi di aspettare Francesco fino all'ultimo sia stata una scelta che gli ha dato molta carica. Poi mi piace sempre tornare al primo giorno di allenamento con lui, ci ha trasmesso un trasporto emotivo ed energetico incredibile".

La 10 in azzurro e chi avrebbe tirato un rigore con entrambi in campo?

A quel punto i ricordi di Totti e Del Piero passano per la consapevolezza di essere una grande squadra in quel 2006 ("pensavamo tutti alla stessa cosa, nello stesso modo, con la stessa voglia e con la stessa passione" dice Alex), alla semifinale con la Germania ("indescrivibile, trovare un aggettivo non è facile, sono cose che ti porti dentro" dice Francesco), fino al loro dualismo su numero 10 e rigori. In Germania Del Piero era il 7 e Totti il 10: "Mai litigato sulla scelta del numero" - rispondono in coro. E su chi avrebbe calciato un rigore decisivo con entrambi in campo: "Ci saremmo guardati, la priorità sarebbe stata non mettersi a ridere - dice Alex -, come a dirci 'mo' che facciamo?'. La risposta comunque sarebbe stata naturale, avrebbe tirato chi se la sentiva di più". A proposito di rigori: di Del Piero uno dei cinque nella finalissima, a firma Totti quello a tempo scaduto negli ottavi contro l'Australia: "Per me era significativa perché sarebbe stato il mio primo gol dopo l'infortunio. Ho fatto quel tragitto di cinquanta-sessanta metri a pensare a come batterlo. Anche perché il portiere era enorme, avevo un po' di tensione. Però ero sicuro di me stesso". Mentre Del Piero confessa i suoi pensieri in quel momento: "Non gli fare lo scavino, non glielo fare, non glielo fare…"

Campioni del mondo

Quindi la grande gioia, perché vincere un Mondiale non si può spiegare: "Diventa complicato - dice Del Piero, dopo che i due hanno rivisto le immagini del trionfo di Berlino -. Perché la gioia che ti che ti prende ti fa sentire completo. E c'è anche un po' di confusione. Ti chiedi 'come ci sono arrivato?'". Totti "È l'apice di un calciatore, è il sogno di tutti i bambini quando si è giovani, di voler diventare campioni del mondo. È come dice Caressa, no? Non puoi scordatelo. È impossibile, ti ti rimane dentro, ma non solo a te".

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Del Piero e Totti rivivono il trionfo del 2006

Cosa significa essere capitani

Non poteva che chiudersi così la lunga intervista ai due 10. A due capitani: "Essere un capitano vuol dire tanto - parola di Francesco Totti -. Perché devi essere diverso da tutti gli altri. Devi dare. Devi aiutare i ragazzi, devi aiutare l'allenatore, devi aiutare la società. Devi essere sempre presente nei momenti difficili, devi essere d'esempio soprattutto per i ragazzi. Hai una responsabilità diversa da tutti gli altri". Del Piero: "Non hai un minuto libero, sei sempre il capitano in qualsiasi situazione, fuori dal campo, non solo per quello che accade dentro il campo, in allenamento, davanti ai microfoni, ma anche quello che accade fuori. Devi morderti la bocca in certi momenti, devi fare delle scelte che magari non condividi in pieno, ma sai che è la scelta giusta per un tuo compagno, per il tuo gruppo di lavoro o perché è la scelta giusta da fare in quel momento, perché non viene compresa subito ma verrà compresa dopo un mese, due mesi, tre mesi. È una continua ricerca da una parte a dare l'esempio".

Alessandro Del Piero e Francesco Totti. 10 più 10 cioè 20, come gli anni di Sky. Con l'introduzione di Federico Buffa e le domande dal direttore di Sky Sport Federico Ferri