Calcio: dal 2-7-2 di Thiago Motta al 5-5-5 di Oronzo Canà, i moduli più pazzi della storia del calcio

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Vanni Spinella

A lezione di tattica dai maestri più visionari del calcio. Thiago Motta propone il portiere in un centrocampo a 7, Guardiola insegue il sogno della difesa "a 1". Ma l'Italia resta la patria della fantasia applicata alla tattica

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A rileggere il tabellino di quella partita si penserebbe a un refuso. Glasgow, 30 novembre 1872. Si affrontano Scozia e Inghilterra in quella che è ricordata come la prima gara internazionale nella storia del calcio. I padroni di casa scendono in campo schierandosi con il 2-2-6, gli inglesi rispondono con un più spregiudicato 1-2-7. Tredici attaccanti in tutto, oggi li chiameremmo così, produssero uno 0-0 che sembrerebbe un'ulteriore svista di chi compilò quel tabellino.  

Quando il calcio era solo dribbling

Un allenatore che al giorno d’oggi decidesse di schierare la sua squadra con un modulo del genere (scegliete voi quale dei due, è indifferente) verrebbe certamente preso per matto, oltre che infilato da ogni parte, sul campo. Eppure è così che nasce il gioco del calcio, nel momento in cui qualcuno inizia a ragionare con metodo su quale sia la miglior disposizione possibile degli undici giocatori per coprire ogni zona. Il calcio, all'epoca, è ancora uno sport in cui prevale il dribbling: il giocatore che si impossessa della sfera prova a portarla personalmente nella porta avversaria saltando tutti quelli che gli si parano contro, e visto così lo 0-0 diventa un risultato plausibile.

Passerà del tempo prima che il football diventi un passing game, in sostanza un gioco di squadra in cui si riconoscono i vantaggi della collaborazione con i compagni attraverso i passaggi. A quel punto inizierà a diffondersi il 2-3-5, una “piramide” (con in cima il portiere) in cui il centromediano (quello in mezzo dei “3”) riveste un ruolo chiave, una sorta di tuttocampista che attacca, difende e distribuisce il gioco. Fino a quando il cambiamento della regola del fuorigioco, nel 1925, non portò alla diffusione del “WM”: il centromediano arretra e diventa il terzo difensore, e la piramide inizia a invertirsi.

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Il 2-7-2 di Thiago Motta

Negli anni c’è chi quella piramide l’ha poi allargata alla base, distrutta e completamente ricostruita, trasformata in albero di Natale o addirittura ingrandita con l’aggiunta di un “mattoncino”. È il caso di Thiago Motta e del suo 2-7-2, modulo con cui l’ex centrocampista di Inter e Psg, oggi allenatore delle giovanili del club parigino, dice di ambire a schierare i suoi. E poco importa se la somma fa 11, perché – dice lui in un’intervista alla Gazzetta dello Sport – “io il portiere lo conto in quei 7 in mezzo al campo. Per me l’attaccante è il primo difensore e il portiere il primo attaccante. Dal portiere parte il gioco, con i piedi, e dalle punte il pressing offensivo per recuperare la palla”.

Thiago Motta scruta Trapp e sembra chiedersi se sia davvero il caso di mettere il portiere tra i 7 in mezzo al campo

Il Brasile dei 5 numeri 10

Restando in tema di follie, che cos’era se non un geniale azzardo tattico, quello del Brasile 1970? È la squadra passata alla storia come l’unica ad aver mai schierato contemporaneamente cinque numeri 10, cinque fenomeni per tecnica e intelligenza calcistica (ognuno, appunto, vestiva il 10 nella propria squadra di club) che coesistevano in base a un principio semplice semplice. Se gli avversari non vedono mai la palla, difficilmente possono fare gol, e con la linea Gerson-Pelè-Rivelino-Tostao-Jairzinho la vedevano molto poco. Zagallo distribuiva le maglie (purtroppo non poteva dare veramente a tutti il 10) e poi si accomodava in panchina per gustarsi lo spettacolo. Aggiungeteci un terzino molto fluidificante come Carlos Alberto e ne avrete un’azione corale come quella che portò al quarto gol con cui i brasiliani misero il sigillo sulla finale Mondiale del ’70 contro l’Italia, nell’occasione spettatrice privilegiata di tanta bellezza.

Il 4-fantasia-fantasia

Sempre dal fantasioso Brasile verrà, circa 40 anni più tardi, il primo modulo alfanumerico della storia, il 4-2-fantasia inventato dal Leonardo allenatore del Milan. Incapace di scegliere tra tanta abbondanza di punte e mezzepunte, decise di non decidere e le buttò tutte in campo contemporaneamente: Seedorf, Pato, Ronaldinho e Borriello. Anche in questo caso la mediana “a 2” merita una citazione, dato che quella linea era costituita da Pirlo e Ambrosini e, talvolta, persino da Pirlo-Beckham. In pratica un 4-fantasia-fantasia.

Difendere "a 1": il sogno di molti

Tra i visionari moderni ci sono poi il turco Fatih Terim (leggenda vuole che una volta, per spiegare a un giornalista come avrebbe voluto far giocare la sua Fiorentina, gli disegnò un campo di calcio con un cerchietto nella metacampo difensiva e 9 nell’altra), il “loco” Bielsa e i suoi discepoli. L’argentino, da Ct della sua Nazionale, nel 2001 la schierò veramente con due soli difensori e otto uomini tra centrocampo e attacco, travolgendo il Venezuela 5-0. Mentre non ha avuto la stessa fortuna, alla guida dell’Albiceleste nell’ultimo Mondiale, il suo “figlioccio” Sampaoli, uno che alla vigilia del torneo aveva promesso di usare il 2-3-3-2 suscitando lo sdegno di Maradona (“Ridicolo: i suoi moduli sono del 1930”).

L’ultimo della nidiata è Pep Guardiola, al quale non si può dire nulla vista la bacheca riempita a suon di tiki-taka. Il suo sogno più segreto? La difesa a 1. Ai tempi del Bayern iniziò a lavorarci nel suo laboratorio segreto: arretra di qua, avanza di là, cambia ruolo a questo e a quello, prese una batosta in Champions contro il Real Madrid di Ancelotti (un altro che il modulo se lo crea in casa, in base a quel che trova in dispensa) e fece un passo indietro. Curioso che a indurlo a una maggior prudenza nei suoi successivi esperimenti sia stato un maestro di tattica della nostra scuola, che a ben vedere non ha nulla da invidiare al resto del mondo anche dal punto di vista della creatività e della follia. Mai sentito parlare di B-zona e di modulo 5-5-5?